La Chiesa Ortodossa Russa come strumento di soft power

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  23 January 2024
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Introduzione: cos’è il Cristianesimo Ortodosso, come nasce, e come sono organizzate le sue Chiese.

Il Cristianesimo Ortodosso è una delle varianti in cui si presenta la religione cristiana, affiancato dal Cristianesimo Protestante e quello Cattolico. In quanto la parola “ortodosso” viene dal greco, e significa “dottrina retta”, inizialmente nel linguaggio ecclesiastico significava semplicemente la piena adesione al messaggio del Vangelo e alle parole di Gesù Cristo. Nel tempo, con la comparsa di differenze dottrinali, questa denominazione è stata usata da alcune Chiese per sottolineare il fatto che le loro credenze fossero in linea con quelle originarie cristiane, in opposizione ad altre, che al contrario non lo erano.


Autore: Iakov Nicoletti, Junior Researcher, Area Difesa&Sicurezza, M.I. GEO

L’apice di queste discordie teologiche fu raggiunto nel 1054, quando ci fu il cosiddetto Grande Scisma (chiamato “Scisma d’Oriente” in occidente, e “Scisma dei Latini” in Oriente), che divise la Chiesa Cattolica occidentale e la Chiesa Ortodossa orientale[1]. Questo scisma nacque sicuramente dalle differenti vedute riguardo la giusta pratica del Cristianesimo, ma è innegabile che alla base di esso ci sia anche un elemento politico e geografico. In primis, l’autorità del Papa. Il Papa era visto come primus inter pares, sia dal patriarcato di Roma, che da quelli orientali, ma questi ultimi gli negavano il ruolo di guida della Chiesa nel suo insieme, come invece si pretendeva in Occidente, pur riservandogli un ruolo di primo piano in quanto occupava la “cattedra di San Pietro”[2].

Si può logicamente dedurre, senza mettere in discussione l’importanza che ha giocato la differenza di vedute, che i quattro patriarchi di Antiochia, Costantinopoli, Gerusalemme e Alessandria, che assieme a Roma formavano la pentarchia[3], mal sopportavano di sottostare ai comandi di un unico individuo, per quanto degno di riverenza potesse essere. Individuo che, inoltre, si trovava a Roma, quando il centro politico attorno al quale ruotavano i patriarchi orientali era Costantinopoli, e quindi attorno all’imperatore bizantino, mentre il Papa rispondeva a sé stesso ed era più vicino a popoli come gli Ostrogoti, i Longobardi e i Franchi.

L’imperatore di Costantinopoli è anch’egli uno dei motivi dietro allo Scisma. L’impero bizantitno, infatti, era una teocrazia, e in quanto tale il cesaropapismo, cioè la subordinazione della religione al potere temporale, o quantomeno una stretta collaborazione tra patriarca e imperatore, era la norma[4]. Questo chiaramente vuol dire che il potere politico non poteva accettare l’esistenza di un potere religioso non sottomesso al proprio controllo, o che perlomeno non potesse influenzare, e questo tipo di rifiuto fu quindi un’altra delle molteplici crepe teologico-politiche che portarono alla fine dell’unità cristiana.

Passiamo ora ad un’analisi di come si articola oggi il Cristianesimo ortodosso e delle sue gerarchie. A differenza della Chiesa cattolica, che si presenta unita, narrazione permessa anche dalla figura accentratrice ed aggregante del Papa, nel caso del Cristianesimo Ortodosso è più corretto parlare di Chiese, al plurale. Infatti, ogni comunità nazionale che segue l’Ortodossia ha una propria Chiesa ortodossa, indipendente dalle altre, che è legata ad esse da usi e costumi molto simili e una storia comune. La Chiesa Ortodossa attuale è quindi composta, oltre che dai cinque patriarcati originali, dal Patriarcato di Mosca, Sofia e Belgrado (rispettivamente la Chiesa ortodossa russa, bulgara e serba), e dalle chiese ortodosse georgiana e romena, oltre che dalle altre chiese ortodosse minori, che possono essere definite tali o per numero di credenti (con un caso particolare che è quello della chiesa ortodossa ucraina), o perché si trovano in paesi dove il Cristianesimo Ortodosso non è maggioritario[5]. Le chiese appena elencate sono dette autocefale, cioè indipendenti. Ci sono poi una serie di altre Chiese, dette autonome, che però dipendono da quelle autocefale (rientrano fa queste Chiese come quella finlandese, lettone, ma anche giapponese, nordcoreana e la ormai defunta chiesa ortodossa cinese)

Ci sono poi altre Chiese ortodosse, cosiddette chiese precalcedonesi, in quanto non accettano il Concilio di Calcedonia del 451. Queste chiese sono chiamate Chiese ortodosse orientali e si trovano su territori generalmente mai conquistati dall’impero romano o bizantino, con l’esclusione delle chiese ortodosse copte e siriache.

Infine, ci sono chiese ortodosse autocefale ma dissidenti, cioè che sono in contrasto con le altre Chiese ortodosse calcedoniane. È il caso della Chiesa ortodossa autocefala bielorussa e del Patriarcato di Kiev, che condividono il “terreno” con il Patriarcato di Mosca, ma ci sono chiese dissidenti in Montenegro e, curiosamente, anche in Italia.

La Chiesa ortodossa russa: il suo potere all’interno della Federazione

La Chiesa ortodossa più potente e influente è, senza dubbio, quella russa (che da ora in poi verrà denominata COR, seguendo l’esempio angolofono di ROC, Russian Orthodox Church). Essa traccia le sue radici nella Rus’ di Kyiv, e più precisamente alla cristianizzazione della stessa da parte di Vladimir I, nel 988. Diventa autocefala de facto nel 1448, e de jure nel 1589. Nel 1700, dopo la morte del patriarca in carica al momento, lo zar Pietro I decise di non permettere l’elezione del suo successore, e la Chiesa fu sottoposta all’autorità del cosiddetto Santissimo Sinodo, al cui vertice stava il sovrano stesso, che così facendo "istituzionalizzò" il cesaropapismo nell’impero russo[6] [7]. Cesaropapismo che, nonostante la rifondazione del Patriarcato nel 1918, continuò nel tempo, come dimostrato dai legami tra il KGB e la COR[8].

Al giorno d’oggi, è ancora possibile vedere le connessioni tra il Cremlino e il Patriarcato di Mosca. Queste due entità, infatti, condividono la visione di Putin, riguardo la “Santa Russia”, e in particolare convergono sul ruolo che la religione deve avere nello spazio euroasiatico.

Questa visione è la creatura del politologo, filosofo e “consigliere del principe” (o zar, in questo caso) Alexandr Dugin. Dugin, figlio di una dottoressa e di un ufficiale del KGB, è una figura poco conosciuta al grande pubblico occidentale, che fece capolino nelle notizie quando sua figlia, Darya Dugina, fu uccisa in un attentato il cui artefice è ancora incerto, sebbene Mosca accusi Kyiv[9].

Secondo i media occidentali, egli è uno degli ispiratori della politica estera della Russia di Putin. La sua visione di una Russia come un impero euroasitico fu esposta nel libro “Basi di geopolitica”, del 1997, dove l’autore descrive uno Stato che va da Dublino fino a Vladivostok. Inoltre, affermava la necessità di mettere in atto azioni di “disordine geopolitico interno” negli Stati Uniti, in modo da “incoraggiare qualsiasi tipo di separatismo e conflitto etnico, sociale e razziale”. Inoltre, è sempre stato uno dei più forti supporter di Vladimir Putin, definito unica eccezione alla “feccia” di cui è composta la classe dirigente russa[10].

Questa importanza data in Europa al filosofo non viene però ricambiata in patria. Secondo il giornale russofono con sede in Lettonia “Meduza”, l’influenza di Dugin è effettivamente aumentata, ma solo dopo la morte della figlia[11]. E in ogni caso, sempre secondo l’articolo, non è l’unico ideologo che collabora col Cremlino. Un’osservazione molto interessante sull’argomento è quella di Peter Rutland, un professore di relazioni internazionali, secondo cui “quello che sta succedendo è che Dugin ha espresso, all'inizio, lo zeitgeist della Russia post-sovietica, identificando le forze di disorientamento e risentimento che hanno alimentato le successive azioni di Putin”[12]. Essenzialmente, vuol dire che Dugin non ha espresso idee nuove ed originali, ma ha semplicemente esplicitato i pensieri di buona parte dell’élite della Russia nell’immediato periodo successivo alla caduta dell’Unione Sovietica.

In ogni caso, il governo russo innegabilmente utilizza l’influenza che la COR ha sulla popolazione per portare avanti i propri progetti interni. Innanzitutto, la Chiesa ha aumentato i propri fondi a dismisura. Il primo passo verso questo arricchimento consiste nel rientrare in possesso di tutte quelle proprietà confiscate dal regime comunista, notoriamente antireligioso e che attuava una politica di ateismo di Stato. In secondo luogo, la COR ha ottenuto la possibilità di gestire proprie attività imprenditoriali. Il passo finale è rappresentato dalle ingenti donazioni da parte degli oligarchi.

A tutto ciò, si unisce il fatto che la Chiesa possiede anche dei canali televisivi, che in generale hanno una forte presa sul popolo russo, vedasi le trasmissioni dirette da propagandisti come Vladimir Solovyev, e che sono sotto forte controllo dello Stato russo.

In generale, i rappresentanti più alti della COR hanno ripetutamente incensato le azioni di Vladimir Putin. Il Patriarca Cirillo ha spesso lodato la leadership dell’autocrate, definendolo addirittura “Miracolo divino” e “protettore delle minoranze cristiane”[13].

Se Alessio II, primo patriarca eletto dopo il crollo dell’Unione Sovietica, si occupò prevalentemente di riorganizzare la Chiesa, sia materialmente che spiritualmente, e di riportare i fedeli russi e di tutta l’ex URSS nelle chiese, Cirillo partecipò pienamente al discorso politico. Anche Alessio aveva rilasciato dichiarazione politiche, per esempio scagliandosi contro la comunità LGBT[14], ma il suo successore portò il tutto su un altro livello.

Sebbene fino all’invasione russa dell’Ucraina il Patriarca e il Presidente fossero in buoni rapporti, ma avevano comunque dei punti di disaccordo (per esempio, il Patriarca non era presente quando fu annunciata l’annessione della Crimea)[15], dopo il Febbraio 2022 le cose sono cambiate. Nei sermoni successivi all’invasione, il Patriarca ha definito russi e ucraini come un unico popolo, e accusato l’Occidente di aver costretto la Russia al conflitto, riprendendo le parole della propaganda di Stato. In relazione ai crimini di guerra commessi dalle truppe russe, ha affermato che “la Chiesa si rende conto che se qualcuno, spinto dal senso del dovere e dalla necessità di onorare il suo giuramento, rimane fedele alla sua vocazione e muore mentre svolge il suo dovere militare, allora sta senza dubbio facendo un'azione pari al sacrificio. Si sacrifica per gli altri. E quindi, crediamo che questo sacrificio lavi via tutti i peccati che una persona ha commesso”.

Le parole del Patriarca trovano riscontro sia nei comportamenti della Chiesa, che della società russa nel suo insieme. Infatti, dei 40000 membri della COR, solo 300 di essi si sono espressi apertamente contro la guerra, molti dei quali si trovano al di fuori dei confini nazionali russi[16].

La Chiesa ortodossa russa, l’Islam e le altre religioni

In quanto Stato multietnico, il Cristianesimo ortodosso non è l’unica religione presente, sebbene sia la più praticata. Oltre a un consistente numero di persone non religiose o non affiliate a nessuna religione in particolare, si deve notare che, nel 2012, il 6.5% dei cittadini della Federazione Russa praticava l’Islam[17]. È lecito quindi chiedersi quale sia il rapporto della Chiesa ortodossa con l’altra grande religione abramitica della Russia.

Come in gran parte dei paesi europei, in Russia si è assistito ad un’impennata di islamofobia. I motivi di questo evento sono a legati ad accadimenti storici come l’invasione sovietica dell'Afghanistan, dove i principali oppositori dell’Armata Rossa erano i mujahedin, la “russofobia” delle repubbliche federali del Caucaso e delle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale (tutte a maggioranza musulmana) e in ultima istanza la guerra in Cecenia[18].

La posizione dominante del Cristianesimo ortodosso, sia per quel che riguarda il numero di fedeli che l’influenza sui decisori politici, preoccupa molto i musulmani russi. Essi si sono opposti all’introduzione di insegnamenti religiosi cristiani nelle scuole, criticano (insieme agli appartenenti ad altre religioni) il palese favoritismo delle élites politiche nei confronti dell’ortodossia e richiedono la rimozione di simboli cristiani dagli emblemi statali russi.

Malgrado questi attriti, sono visibili anche forme di cooperazione tra la COR e le comunità islamiche della federazione, soprattutto grazie alla presenza di organismi statali interreligiosi. Inoltre, la Chiesa russa supporta l’Islam “tradizionale” in opposizione a quello estremista [19].

In generale, alcuni osservatori internazionali ritengono che la libertà religiosa in Russia sia calata notevolmente tra gli anni 90 e 2000. L’aumento della stessa negli anni precedenti, sempre secondo loro, non era data da un’improvvisa magnanimità dello Stato russo, ma dal poco controllo che le autorità avevano su molti fattori, tra cui la religione[20]. In un rapporto del 2017, la Commissione sulla libertà religiosa degli Stati Uniti (USCIRF) afferma che “il governo russo vede l'attività religiosa indipendente come una grave minaccia per la stabilità sociale e politica, un approccio ereditato dal periodo sovietico"[21].

La Chiesa ortodossa russa come strumento di soft power

Come è chiaro dai paragrafi precedenti, la COR è una delle più potenti ed influenti organizzazioni non governative della Russia, se non addirittura la più potente. Ma la sua azione non si ferma entro i confini nazionali della Federazione, e la sua stretta connessione con l'establishment russo la fa diventare anche uno strumento di soft power molto importante.

Uno dei motivi principali è che la COR, oltre ad avere giurisdizione sui fedeli russi, ce l’ha anche su molti fedeli che risiedono oltre i confini nazionali, soprattutto nelle ex repubbliche sovietiche e nell’estremo oriente. Questa lunga portata dell’autorità del Patriarca di Mosca è in verità evidente nel suo stesso nome. Sebbene il suo nome per esteso venga spesso tradotto come “Patriarca di Mosca e tutta la Russia”, una traduzione più accurata sarebbe “Patriarca di Mosca e tutta la Rus’”. In russo, infatti il termine “Россия” (Russia) e “Русь” (Rus’) sono differenti, e proprio quest’ultimo è quello usato nel nome ufficiale che definisce il Patriarca di Mosca (Патриарх Московский и всея Руси) La Rus’ di Kyiv è quell’entità politica già citata prima, che sorgeva in Europa orientale e che è l’antenato spirituale delle odierne Bielorussia, Ucraina e Russia. È chiaro quindi che nello stesso nome del suo primate ecclesiastico la COR proietta il proprio potere al di là della Russia. Questo, negli ultimi anni ha creato dei problemi soprattutto in Ucraina, dove al momento esistono due Chiese ortodosse, una autocefala e un’altra che fa capo al Patriarcato di Mosca, ma di questo caso si parlerà più dettagliatamente in seguito.

Lo stesso Patriarca Cirillo non nasconde questo fatto. Ha affermato, infatti, che la COR “è storicamente legata alla Rus' di Kiev che ha dato vita ai popoli bielorusso, russo e ucraino. Ecco perché l'unità storica e la fratellanza dei popoli slavi battezzati insieme, non dovrebbero essere spezzate. Essendo separati a livello di stati, dovremmo essere uniti spiritualmente”. In queste parole riecheggia in modo evidentissimo il concetto di russkiy mir, mondo russo, tanto caro a Putin e al quale Dugin ha dato il suo contributo. È chiaro che dietro ai discorso di tipo teologico-spirituale, ce n’è uno di tipo politico, secondo il quale la Russia è il vero polo attorno al quale gli slavi orientali (e la Moldavia) dovrebbero ruotare, fuggendo dall’Occidente e dalla NATO che, secondo le autorità russe, sia laiche che religiose, non hanno nessun rispetto dei valori ortodossi e tradizionali in genere[22].

Un altro uso a cui si presta la COR è quello di ponte diplomatico con altri paesi a maggioranza ortodossa, diverse da Ucraina e Bielorussia. Nel 2008, a seguito della guerra Russo-Georgiana, la COR fu fondamentale nel riconnettere i due paesi, amplificando la voce della Chiesa ortodossa georgiana, e nel sottolineare gli ipotetici legami tra Russia e Georgia. Un altro paese con il quale la COR intrattiene dialoghi costanti è la Serbia, che come la Russia è un paese slavo e ortodosso. Questo rende il paese balcanico non solo un obbiettivo della Federazione, ma anche della COR. Il ruolo di quest’ultima è quello di contribuire alla creazione di un sentimento di fratellanza slavo-ortodossa, e di avvicinare i due paesi[23].

Il caso delle due Chiese ortodosse dell’Ucraina

La fede ortodossa è probabilmente una delle cose che legava di più Russia e Ucraina, ed è ovvio che una guerra fra questi due Paesi avrebbe messo in discussione anche e soprattutto questo aspetto.

Fino al 2018, in Ucraina c’erano tre chiese ortodosse:la Chiesa Ortodossa autocefala ucraina e il Patriarcato di Kyiv, entrambe autocefale e non riconosciute dal Patriarcato di Mosca, e la Chiesa ortodossa ucraina, che invece era autonoma, ma dipendeva dalla COR.

La Chiesa Ortodossa autocefala ucraina (d’ora in poi denominata COAU), ha le sue origini nel 1921, quando l’Ucraina ottenne l’indipendenza dall’impero russo. I bolscevichi, una volta ripreso il controllo del paese, si opposero a questa nuova entità con molta veemenza per due motivi: innanzitutto, l’innata anti-religiosità comunista, e in secondo luogo la nascita della COAU, insieme ad altri fattori, faceva parte del “risveglio” nazionale ucraino, e per questo motivo poteva causare molti problemi alle autorità sovietiche. Nel 1988, alle celebrazioni per il millenario della cristianizzazione della Rus’ di Kyiv che si tenevano a Mosca, si contrapponevano quelle non ufficiali che avvenivano in tutto il territorio ucraino. Con la caduta dell’URSS nacque la COAU, nel febbraio del ‘89, e parte del clero sotto la giurisdizione del Patriarcato di Mosca “cambiò casacca”[24].

Nel 1992, Filarete, allora Metropolita di Kyiv e tutta l’Ucraina, e che era stato Patriarca di Mosca ad interim[25], decise di chiedere alla COR l’autocefalia per la chiesa ortodossa ucraina, ricevendo in risposta la richiesta di abbandonare il suo ruolo. Filarete, con altri membri del clero, decise comunque di creare il Patriarcato di Kyiv, e il Patriarcato di Mosca controbattè con un sinodo rivale a Kharkiv, dove fu eletto un nuovo Metropolita[26].

Nel 2018, queste due Chiese si sono unite, formando la Chiesa ortodossa ucraina (che verrà denominata COU, mentre quella sotto il Patriarcato di Mosca verrà denominata COUPM). La COUPM ha perso svariate parrocchie in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. Per fermare questo “dissanguamento”, la Chiesa è diventata man mano sempre più critica nei confronti della guerra[27]. Nel Consiglio della Chiesa ortodossa ucraina del 27 maggio 2022, la COUPM ha sottolineato come la guerra vada contro il comandamento che vieta di uccidere, e affermando di essere in disaccordo con il Patriarca Cirillo riguarda alle affermazioni riportate anche in questo testo. Si è anche definita “indipendente e autonoma”, anche se non è ben chiaro cosa ciò significhi, ma si è comunque opposta alla divisione tra COU e COUPM, e ha chiesto la cessazione del “Il sequestro illegale delle chiese e i trasferimenti forzati delle parrocchie” della COUPM[28]. La sopravvivenza, l’unificazione o l'eliminazione di una delle due Chiese ortodosse dell’Ucraina è, in ultima analisi, un'altra delle importanti conseguenze che questa guerra avrà.

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