L'Africa Climate Summit e la leadership del Kenya nel settore delle rinnovabili

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  21 September 2023
  15 minutes, 6 seconds


Abstract

Tra il 4 e il 6 settembre 2023 si è tenuto l’Africa Climate Summit a Nairobi. Summit fondamentale dal punto di vista regionale e mondiale, si è concentrato sul dibattito tra diverse tipologie di attori sull’uso delle energie rinnovabili. Negli ultimi anni il Kenya ha fatto notevoli passi avanti in questo settore, dimostrando di voler essere in prima linea nella lotta al cambiamento climatico. Ospitando l’iniziativa, riconosce in esso un problema comune che comporta la necessità di cooperare anche a livello regionale. Il dibattito che ne scaturirà potrebbe essere spunto per la prossima COP28 a Dubai.

Matilde Pierattini (Junior Researcher G.E.O. Ambiente)

Introduzione

Dal 4 al 6 settembre 2023 si è tenuto a Nairobi (Kenya) l’Africa Climate Summit. Si tratta di un incontro tra vari attori politici ed economici con lo scopo di alimentare il dibattito riguardo la crescita sostenibile sia del continente africano che del mondo. I partecipanti si sono riuniti per definire il proprio impegno nel combattere e, soprattutto, nell’adattamento ai cambiamenti che ci troviamo a dover affrontare. Il Summit era rivolto anche ad organizzazioni private, ed organizzazioni e fondazioni internazionali affinché potesse essere l’occasione per scambiare idee e riflessioni sui prossimi passi per una crescita più sostenibile.

L’Africa è un continente particolarmente colpito dai fenomeni atmosferici causati dal cambiamento climatico. L’iniziativa è nata per promuovere una narrativa differente rispetto a quella che vede gli Stati sviluppati come guida per i Paesi in via di sviluppo o meno sviluppati nel processo verso la transizione ecologica. Ciò che è stato proposto, invece, è stata una visione unitaria secondo la quale è necessario che tutti i Paesi uniscano le proprie energie e risorse per raggiungere gli obiettivi comuni, stabiliti nel 2015 con l’Agenda 2030.

Nonostante secondo la visione occidentale i paesi del continente africano siano ancora molto arretrati dal punto di vista economico e sociale, in realtà essi hanno sviluppato un profondo interesse nei confronti del settore delle energie rinnovabili. Nel 2015, è stato ufficializzato l’Africa 2063: The Africa We Want. Si tratta del piano “per trasformare l’Africa nella futura centrale elettrica del mondo” (Agenda 2063: The Africa We Want). L’Agenda 2063 è la strategia di sviluppo che ha come obiettivo finale la prosperità del continente sia dal punto di vista economico che sociale. La prosperità dell’intera Unione Africana risulta essere di fondamentale importanza affinché le società dei Paesi africani possano mettere in atto i principi dell’autodeterminazione, della libertà, del progresso perseguiti dal Panafricanismo e dal Rinascimento africano, entrambi movimenti nati nel periodo delle ondate di indipendenza degli anni Sessanta. Numerose sono le iniziative che hanno interessato la regione africana nel quadro dell’Agenda 2063. Molti di questi progetti non hanno un’importanza esclusivamente regionale, bensì mondiale. Tra questi possiamo trovare l’Africa Climate Summit.

Africa Climate Summit (ACS)

Per comprendere in quale contesto è nato l’ACS, è doveroso sottolineare alcuni dettagli sulla storia degli Stati africani e la formazione di organizzazioni regionali. La necessità di organizzare Summit, organizzazioni e partenariati regionali è nata da quello che oggi viene definito il ‘Rinascimento africano’. Il Rinascimento africano è un concetto che nasce negli anni Sessanta dei movimenti indipendentisti africani. Dopo l’indipendenza e la crisi economica del mondo occidentale negli anni Settanta, i neo-governi africani iniziarono a dipendere dalle potenze europee e dagli USA (Cooper, 2021). Successivamente, negli anni Novanta, le istituzioni finanziarie europee e internazionali esercitarono pressioni affinché essi applicassero le politiche di aggiustamento strutturale proposte, senza però considerare i singoli Stati a livello politico, sociale e culturale. Molti analisti, tra cui Cooper stesso, hanno compreso come il nuovo colonialismo del secondo dopoguerra sia stato un “colonialismo dello sviluppo”. Ogni Stato coloniale esercitò un potere differente a seconda della presenza dei coloni e delle reti commerciali (Cooper, 2021). La storia ci ha, però, dimostrato che tali politiche hanno soprattutto intensificato le problematiche alla base della fondazione dei nuovi Stati africani. È proprio all’inizio del XXI secolo che si iniziò a definire la differenza tra la realtà nel suo insieme e le politiche asettiche proposte dall’occidente. È proprio per questo motivo che molti analisti tra cui Joseph Stiglitz hanno definito come in molti casi le strategie di sviluppo che hanno avuto successo erano in realtà state costruite e ideate dai diretti interessati e non sulla base delle opinioni di attori esterni. (Agupusi, 2021)

L’Unione Africana (UA), così come altri attori internazionali, ha riconosciuto la necessità di prendersi la responsabilità delle proprie azioni dal punto di vista ambientale cercando di rafforzare la propria integrità politica riconoscendo di avere delle risorse al di là di ciò che deriva dall’influenza dei Paesi occidentali. Come altri attori internazionali, gli Stati del continente africano stanno vivendo le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico come la continua siccità e la desertificazione che a loro volta causano enormi cambiamenti dal punto di vista sociale come migrazioni di massa e crisi alimentari e, di conseguenza, anche perdite dal punto di vista economico.

È su questa considerazione che prende forma l’Africa Climate Summit: “L’Africa è pronta a contribuire alla decarbonizzazione globale usando le sue risorse compresa l’energia rinnovabile, i minerali, il potenziale agricolo e il capitale naturale. Sfruttando tali risorse l’Africa può condurre la sua crescita sostenibile e sostenere la carenza mondiale di energia rinnovabile. Il continente offre anche diverse opportunità di investimento per il capitale mondiale per promuovere la decarbonizzazione e lo sviluppo economico locale.” (Africa Climate Summit)

Un requisito fondamentale è condividere i termini dell’impegno che gli attori intendono intraprendere. Viene specificato esattamente un modello di framework contenente i target strategici, gli impegni finanziari a disposizione e quale risultato potrebbe essere raggiunto (Africa Climate Summit 2023 Commitment Framework) dimostrando quanto sia forte l’impegno che gli Stati africani, il Kenya in particolare, intendono dedicare alla drammatica questione del cambiamento climatico.

Gli organizzatori principali sono l’Unione Africana e la Repubblica del Kenya. I partner bilaterali sono il Ministero della cooperazione e dello sviluppo economico tedesco, la Società tedesca per la Cooperazione Internazionale (GIZ), il governo francese e il governo danese. I partner multilaterali sono invece la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), l’African Development Bank. (Africa Climate Summit & Africa Climate Week 2023 Official Partners).

L’energia rinnovabile per il Kenya

Negli ultimi anni, il Kenya ha dimostrato di avere le capacità e il potenziale di sviluppare sistemi di energia rinnovabile, soprattutto geotermica e solare a un ritmo elevato. Già dalla presidenza di Uhuru Kenyatta sono stati attivati un gran numero di progetti infrastrutturali per promuovere lo sviluppo economico e sociale del Paese dell’Africa orientale tra cui progetti di installazione di pannelli fotovoltaici, parchi eolici e impianti di produzione di energia geotermica e idroelettrica. Per comprendere meglio l’entità del cambiamento, dal 2021 al 2022 l’energia solare prodotta nel Paese è raddoppiata da 0.15 GW a 0.30 GW (Installed solar energy capacity ).

Il Kenya vanta di essere uno dei paesi più puliti con l’85% dell’energia proveniente dalle fonti rinnovabili e vorrebbe estendere l’accesso all’elettricità per tutti soprattutto nel settore dei trasporti e nel settore industriale. In Kenya possiamo trovare reti energetiche che utilizzano l’energia idroelettrica, il solare, l’eolico, le biomasse e biogas (Chemengich & Masara, 2022). Per quanto riguarda la giurisdizione del mercato dell’elettricità, il settore viene gestito dal Ministero per l’energia e il petrolio e l’Autorità di regolamentazione dell’energia e del petrolio (EPRA). Il governo ha reso una priorità lo sviluppo di energia geotermica, eolica e solare. Un sondaggio del 2020 ha riportato che la capacità dell’elettricità installata è aumentata negli anni precedenti. Inoltre, a questo aumento ha contribuito anche l’Energy Act (2019). In particolare, l’Energy Act regola la promozione delle energie rinnovabili attraverso il sistema delle tariffe feed-in che promuovono l’uso dell’energia rinnovabile facendo sì che i produttori vendano elettricità in base a una predeterminata tariffa. Così si facilita la mobilitazione delle risorse fornendo sicurezza e stabilità nel mercato delle risorse rinnovabili, ridurre i costi di transazione e i ritardi dovuti ai processi, e incoraggiare gli investimenti dei privati. Infatti, l’energia keniota è generata e distribuita principalmente da aziende la cui proprietà è per la maggior parte statale (la KenGen è per il 70% statale). (Mussa, Lalji, Mungai, Omollo, & Anjarwalla & Khanna LLP)

Tutto ciò fa parte del più ampio piano chiamato Kenya Vision 2030: si tratta di un piano a lungo termine che ha lo scopo di rendere il paese competitivo a livello globale, prospero e con una qualità della vita migliore entro il 2030. Per quanto riguarda l’energia eolica, il 73% del territorio keniota è dotato di una velocità del vento favorevole all’installazione delle pale eoliche (Chemengich & Masara, 2022).

Solo nel 2022, il Kenya ha installato impianti fotovoltaici in grado di generare più di 170kW, due terzi in più rispetto al 2021. Ciò è stato possibile grazie all’aumento degli investimenti da parte del governo stesso ma anche di privati e di altri attori stranieri. (Coffey, 2023)

La leadership del Kenya

Lo scorso maggio, il presidente Ruto ha dichiarato che questo sarà “l’anno delle trasformazioni”. Secondo quanto sostenuto dallo stesso presidente Ruto, il Kenya avrebbe oggi il 92% dell’energia proveniente da fonti rinnovabili. (Ruto, 2023)

Nonostante i Paesi africani non siano tra i paesi che hanno guidato il processo dell’industrializzazione fondata su un intenso uso di energia fossile (il continente africano è responsabile solo del 3% delle emissioni di anidride carbonica mondiali), sono coloro che stanno pagando maggiormente le conseguenze dello sfruttamento di fonti non rinnovabili. (Africa Energy Outlook, 2022) Per fare un confronto con un Paese europeo, l’Italia, nel 2022 le emissioni di CO2 del Kenya sono state di 101g/kWh mentre quelle dell’Italia sono state 372g/kWh (Carbon intensity of electricity, 2000 to 2022).

Il punto centrale della retorica di Ruto è riconoscere l’utilizzo di energie rinnovabili come un esclusivo miglioramento delle condizioni degli abitanti kenioti. Si calcola che in circa 10 anni si è passati dall’accesso all’elettricità consentito solo al 28% della popolazione (2013) al 71% (2020). Secondo i dati, il Kenya è dotato del 60% delle “migliori risorse solari”. L’impianto fotovoltaico di Garissa, tra i più estesi del paese, fornisce elettricità a circa 625.000 abitazioni. Inoltre, è sede del più grande parco eolico africano (Lake Turkana Wind Plant - LTWP) (Doing development differently: How Kenya is rapidly emerging as Africa’s renewable energy superpower, 2022). Mira, perciò, a diventare un esempio di Stato in grado di sfruttare l’energia sostenibile come strumento di miglioramento del benessere sociale.

La creazione dei sistemi di produzione di energia rinnovabile è stata possibile grazie anche agli ingenti investimenti da parte di alcuni Paesi stranieri interessati. Durante il governo del predecessore di Ruto, Uhuru Kenyatta, precisamente dal 2013 al 2022, il Paese dell’Africa orientale ha visto un crescente aumento di investimenti stranieri nelle reti infrastrutturali energetiche. In particolare, dal momento in cui Xi Jinping ha promosso l’espansione della sua Belt and Road Initiative, la Cina ha notevolmente aumentato le sue attenzioni verso un mercato ricco di materie prime e potenziale energetico qual è il Kenya. Ovviamente, sia Cina che Kenya sono mossi dagli obiettivi comuni da raggiungere appartenenti al quadro dell’Agenda 2030. È di particolare importanza sottolineare alcuni di essi tra cui l’obiettivo n.7 (energia pulita e accessibile) e l’obiettivo n.9 (costruire un’infrastruttura resiliente, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e sostenere l’innovazione). Essi risultano essere al centro del processo di transizione ecologica di quasi tutti i Paesi del globo accomunati dalla lotta al cambiamento climatico.

Il Kenya è sempre più riconosciuto come leader della regione africana nel settore delle energie rinnovabili. Ciò è confermato dal viaggio intrapreso dal cancelliere tedesco Scholz lo scorso maggio nel quale i due leader hanno discusso il tema delle energie rinnovabili (Germany's Scholz arrives in Kenya on day 2 of Africa trip, 2023). In tale occasione Ruto ha confermato che il Kenya è entrato a far parte del Climate Club creato dai Paesi del G7 nel dicembre del 2022.

La posizione che il governo kenyota ha deciso di assumere riguardo all’energia rinnovabile rispecchia anche la sua posizione riguardo le relazioni con i paesi occidentali e quelle con la Cina. Le posizioni e le azioni intraprese da molti paesi occidentali nella fase coloniale e nella fase post-coloniale hanno fatto sì che gli Stati africani riconoscessero come nuovi partner per i settori di punta altri attori come, ad esempio, la Cina. È probabilmente per questo motivo che il Kenya con il suo nuovo governo abbia mantenuto una posizione che possa tendere più verso la Cina che l’Europa e gli USA. Il Kenya ha maggiore margine d’azione privilegiando la partnership con la Cina, un Paese che ha sempre sostenuto i principi fondamentali come il principio della non interferenza, la cosiddetta cooperazione Sud-Sud, il rispetto dell’integrità territoriale emergendo così come partner commerciali più che come donatore o guida alla costruzione di uno Stato democratico, ruolo assunto dagli attori occidentali in passato.

Che impatto avrà l’Africa Climate Summit a livello internazionale?

È importante per Ruto mantenere salda la retorica dell’indipendenza dalle potenze economiche nonostante sia trapelata la notizia degli ingenti investimenti cinesi in Kenya nel settore delle energie rinnovabili. Se le azioni di Ruto dimostrassero che in realtà sta continuando l’asservimento degli Stati africani nei confronti delle potenze economiche, allora la speranza di avere uno sviluppo energetico sostenibile per l’Unione Africana si spegnerebbe. Il Kenya è il Paese che sembra aver sfruttato al meglio le relazioni con gli investitori stranieri nel settore delle energie rinnovabili a tal punto da arrivare a proporsi come leader del Summit regionale sul clima. Il piano d’azione keniota è uno spunto per tutto il continente.

Motivo per cui dobbiamo osservare attentamente il Summit e le conseguenze che esso avrà. Esso potrebbe diventare un incontro periodico fondamentale per la transizione ecologica globale. Come ha detto Guterres nel suo discorso del 27 luglio 2023 “tutti gli attori devono unirsi per accelerare una transizione giusta e equa” (Guterres, 2023). Durante i tre giorni di Summit ha ribadito la crescente importanza del giovane continente nella creazione di un piano di lotta al cambiamento climatico. Ruto ha definito che “il 60% delle risorse rinnovabili inclusa l’energia solare, eolica, geotermica e idroelettrica provengono dall’Africa”. Guterres ha ribadito il concetto che ormai viene riproposto in ogni incontro incentrato sul cambiamento climatico: “i paesi sviluppati devono presentare un piano d’azione chiaro e credibile in cui i finanziamenti siano duplicati entro il 2025”. (African Development Bank, 2023). E’ ancora presto per definire se il Summit possa aver influenzato i dibattiti futuri, come ad esempio la COP 28 del prossimo novembre-dicembre a Dubai.

Però, possiamo certamente dire che serve ristrutturare il meccanismo dei finanziamenti affinché le materie prime africane possano essere sfruttate a pieno permettendo agli Stati africani di investire maggiormente nei settori delle energie rinnovabili e contribuire al processo di transizione ecologica globale. (UNECA, 2023)




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UNECA. (s.d.). Africa Climate Summit & Africa Climate Week 2023 Official Partners. Tratto da ACS23: https://africaclimatesummit.org/partners A-1



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