Da quando il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di mettere i dazi su alcuni prodotti, europei e non solo, è subito impazzata la psicosi e la grande paura per possibili rialzi sui prezzi e alcuni consumatori vanno a fare la spesa sempre più preoccupati.
Di certo i dazi avranno un loro peso, questo non si può negarlo, ma non è nemmeno facile capire se il boicottaggio alla fine avrà successo e quale sarà il suo peso sugli stessi Paesi che lo propongono.
Ad iniziare il boicottaggio dei prodotti statunitensi sono stati i francesi al grido di “Boycott USA: achetez français et européen!” che incitava a comprare prodotti francesi o comunque europei al posto di quelli provenienti da oltre oceano. Il movimento si è poi diffuso anche nel nord Europa che ha voluto fare un gesto di sfida all’amministrazione Trump dopo che si è parlato di annessione della Groenlandia al territorio statunitense.
Visto così sembrerebbe facile lanciare un sagnale all’amministrazione statunitense e convincerla a cambiare idea sui dazi ma come vedremo non è affatto così semplice perché gli effetti dei dazi colpiscono anche chi li pratica, non solo chi viene colpito.
È molto difficile capire i dazi e il loro impatto sull’economia europea, ci sono molte sfaccettature nell’economia e molto spesso quando si cerca di capire quali sono gli impatti delle imposte doganali sui singoli prodotti le cose si complicano.
Già riconoscere i prodotti veramente fatti negli Stati Uniti può essere molto difficile, e bisogna considerare che nel mondo contemporaneo quasi tutti i prodotti venduti sono lavorati dalle grandi aziende multinazionali che non si possono ricondurre ad un singolo Paese. Bisogna considerare anche che molto spesso la lavorazione in queste aziende viene suddivisa tra più Paesi e alla fine la parte più importante viene lasciata proprio al Paese di destinazione.
Guardiamo ad esempio le macchine elettriche e non (le Tesla, per esempio), i prodotti e servizi la cui partecipazione azionaria e il circuito di produzione non sono chiari e che si esita a includere nella lista nera (se le M & M’s sono fabbricate in Francia, conta o no?) e i servizi di cui è difficile fare a meno (ad esempio le piattaforme Internet) e questi sono solo alcuni esempi ma si potrebbe andare avanti a lungo.
Il boicottaggio è arrivato anche nel nord Europa, già toccato nel profondo dalle parole di Donald Trump che ha minacciato di annettere la Groenlandia “con le buone o con le cattive”. Dopo quelle parole i popoli nordici si sono come trincerati in un atteggiamento protezionistico nei confronti del loro territorio e dei loro prodotti.
E questo è vero soprattutto in Danimarca. Infatti, una catena di supermercati danese ha inserito a fianco del prezzo delle stelline per segnalare i prodotti europei e quindi invitare gli acquirenti a non comprare merci statunitensi. E sono nati su Facebook dei gruppi chiamati “Boykot varer fra USA”, così come il suo gemello svedese “Bojkotta varor fran USA” che cercano di trovare alternative locali ai più svariati prodotti, alimentari e non solo.
Ma la questione dei dazi inevitabilmente si intreccia con ciò che riguarda l’ambiente e la sua protezione.
Una consumatrice nordeuropea dice convinta «Seguo queste stelle per due motivi, uno legato all’ambiente e l’altro per evitare di supportare gli americani», e questo dimostra che il boicottaggio, al di là di un sentimento patriottico di salvaguardia dei prodotti nazionali, vuole essere anche un modo di proteggere la natura e acquistare prodotti non troppo lontani da casa, meglio se a chilometri zero.
Alla fine, quindi il boicottaggio dei prodotti statunitensi viene usato anche come metodo per aumentare il rispetto per la natura e gli animali e instillare il sentimento ecologista nella popolazione.
È evidente che se compriamo beni e servizi locali, o comunque europei, la natura ne trae beneficio ma sappiamo benissimo che non potremo o non riusciremo a fare a meno di alcuni prodotti statunitensi perché sono quelli che usiamo tutti i giorni per fare la spesa o utilizzare la rete Internet.
In conclusione, si può dire che, boicottaggio o no, impegnarsi nella difesa del pianeta, nella protezione della natura e delle sue risorse è importante e non dobbiamo mai dimenticare che vivere in un pianeta migliore dipende solo da noi.
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L'Autore
Valeria Fraquelli
Mi chiamo Valeria Fraquelli e sono nata ad Asti il 19 luglio 1986. Ho conseguito la Laurea triennale in Studi Internazionali e la Laurea Magistrale in Scienze del governo e dell’amministrazione presso l’Università degli Studi di Torino. Ho anche conseguito il Preliminary English Test e un Master sull’imprenditoria giovanile; inoltre ho frequentato con successo vari corsi post laurea.
Mi piace molto ascoltare musica in particolare jazz anni '20, leggere e viaggiare per conoscere posti nuovi ed entrare in contatto con persone di culture diverse; proprio per questo ho visitato Vienna, Berlino, Lisbona, Londra, Malta, Copenhagen, Helsinki, New York e Parigi.
La mia passione più grande è la scrittura; infatti, ho scritto e scrivo tuttora per varie testate online tra cui Mondo Internazionale. Ho anche un mio blog personale che tratta di arte e cultura, viaggi e natura.
La frase che più mi rappresenta è “Volere è potere”.
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