Coronavirus: presunta responsabilità internazionale della Cina?

Le responsabilità imputabili alla Cina per il diffondersi del Covid-19 ai sensi del diritto internazionale

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  Redazione
  07 July 2020
  6 minutes, 31 seconds

A cura di Elena Pavan

In questi ultimi mesi, tutte le attenzioni sono rivolte alla Cina: la pandemia da Covid-19 ha causato nel Paese diversi problemi sotto i profili economico e sociale, ma non solo. Gli Stati Uniti infatti accusano Pechino di essere l’unico responsabile della diffusione del virus: le criticità di carattere internazionale sono da ravvisare negli aspetti militari, civili e politici pertinenti all’origine del Covid-19, e circa l’eventuale responsabilità della Cina per la violazione degli obblighi procedurali internazionali.

È legittimo domandarsi se giuridicamente la Cina e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), abbiano commesso degli errori nella gestione dell'emergenza ai sensi del diritto internazionale. L'iniziale gestione del “Wuhan virus”, come lo ha definito Donald Trump, è oggetto di dibattito ormai da mesi, e pare che il presidente degli Stati Uniti voglia chiedere un risarcimento alla Cina incolpandola della pandemia. L’azione ivi trattata sembra essere promossa anche da soggetti privati, da associazioni di categoria oltre che da class action, anche italiane, e vede onlus ed organizzazioni no-profit come parte richiedente di un serio ristoro, proporzionato alla natura del danno patito e alla sua entità.

Origine del virus

Attualmente non ci sono prove concrete di come il virus abbia iniziato a propagarsi, ma certamente le domande che ci si pone sono molteplici; una di queste è quale sia il luogo originario del Covid-19. I professionisti del laboratorio di Wuhan sono stati a lungo considerati i protagonisti della vicenda; la struttura infatti è classificata come P4, ed è progettata per svolgere attività di analisi e ricerca con materiali altamente infetti, o per effettuare esperimenti con microbiologici che presentano un alto rischio sia per i lavoratori interni, sia per la comunità. Il laboratorio è stato costruito con la collaborazione della Francia e una parte del personale si è formata alla struttura P4 Jean Mérieux a Lyon, ed è stato inaugurato nel febbraio del 2017 dal primo ministro francese Bernard Cazaneuve. Il coinvolgimento degli scienziati nella diffusione del virus è però solo una supposizione, così come lo è una seconda teoria, avallata da diversi studi e sostenuta fortemente dalla Cina, la quale vede come origine del virus il Mercato di Wuhan. Resta evidente come la delicatezza della questione renda necessario l’intervento di una Commissione Internazionale d’inchiesta composta da esperti indipendenti, la quale potrebbe operare con il supporto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, oppure con l’aiuto del Consiglio dei diritti umani, volta all'individuazione dell’origine naturale o militare del virus.

Non tempestiva informazione circa al propagarsi del virus

Anche considerando l’origine del Covid-19 come meramente naturale, emerge chiaramente il fatto che la Cina avrebbe potuto reagire diversamente davanti alla diffusione sconcertante del virus comunicando con maggior anticipo le condizioni del proprio Paese all'OMS, organizzazione creata proprio per gestire situazioni come questa. Si è trattato di una violazione di un obbligo procedurale di notifica internazionale, che prescinde dall’accertamento sulle origini del virus di cui parlavamo poco fa. Infatti il Regolamento Sanitario Internazionale OMS del 2005 (art. 6 ss.) recita:

Art. 6: Notifica Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria – CCM PARTE II – Informazioni e risposta sanitaria: “Notifica all’OMS, entro 24 ore dalla valutazione, con i più efficienti mezzi di comunicazione disponibili, tramite il Centro nazionale per il RSI, degli eventi che possano costituire all’interno del proprio territorio un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, in accordo con lo Strumento Decisionale, nonché qualsiasi misura sanitaria adottata. Continua comunicazione all’OMS delle informazioni sulla sanità pubblica disponibili e relative all’evento notificando in modo sufficientemente preciso e dettagliato le condizioni che incidono sulla diffusione della malattia e le misure sanitarie adottate. Comunicazione, se richiesto, delle difficoltà incontrate e il sostegno necessario per rispondere alla potenziale emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale”.

Art. 7: Condivisione delle informazioni durante eventi insoliti ed inaspettati riguardanti la sanità pubblica: “Nel caso in cui uno Stato Parte disponga di prove che confermino un evento riguardante la sanità pubblica insolito ed inaspettato all’interno del suo territorio, indipendentemente dall’origine o dalla fonte, che possa costituire un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, dovrà fornire all’OMS tutte le informazioni relative alla sanità pubblica. In tale caso troveranno piena applicazione le disposizioni di cui all’Articolo 6”.

L’emergenza scoppiata a Wuhan ha assunto un risvolto internazionale piuttosto grave, ed è evidente che le procedure non sono state seguite in modo conforme al Regolamento. Il ritardo della notifica all’OMS è di circa due settimane, comportamento che è stato particolarmente incisivo nella diffusione maggiore del virus; dunque risulta ponderabile attribuire alla Cina una responsabilità procedurale per mancata notifica all’OMS.

Dove presentare ricorso e chi è soggetto imputabile ai sensi del diritto internazionale

Per rispondere a questo quesito è necessario precisare che non esiste nell’ordinamento internazionale un giudice naturale, precostituito per legge. Se consideriamo la necessità che un soggetto terzo venga chiamato a dirimere la controversia con un titolo di giurisdizione ad hoc, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja (CIG) risulta non avere un idoneo titolo di competenza, poiché in nessun accordo, dichiarazione unilaterale di accettazione o clausola compromissoria, risulta che la Cina abbia espresso un consenso a sottoporsi al suo giudizio. La CIG non risulta allora il giudice competente. Lo scenario non cambia poi se il punto di vista è quello nazionale, poiché il diritto internazionale ha come regola l’esenzione della giurisdizione di uno Stato straniero di fronte a giudici nazionali.

Le pretese portate avanti dalle class action e le azioni risarcitorie promosse dal procuratore generale del Missouri hanno in comune la pretesa responsabilità extracontrattuale della Cina, ravvisabile nei danni causati alla salute e al benessere economico di migliaia di persone in ogni parte del mondo. Il nesso causale tra la condotta della Cina e gli eventi dannosi risulta però piuttosto difficile da dimostrare, poiché la responsabilità affonda le sue radici nel principio del neminem laedere: presuppone cioè che il soggetto danneggiato riesca a provare tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito, la quale risulta concretamente una probatio diabolica.

Per quanto concerne i soggetti imputabili, bisogna capire se ai sensi del diritto internazionale la Cina, i suoi organi e funzionari, possano essere considerati tali. Sicuramente, il Paese gode di un’immunità di giurisdizione interna: non può quindi essere chiamata in causa davanti ad un’istanza giudiziaria internazionale se non con un espresso consenso a sottoporsi al suo giudizio. Qualcuno ha richiesto anche l'intervento della Corte Penale Internazionale (CPI), ma al di là della ratione materiae, dal momento che la Cina non ha aderito allo Statuto della CPI è chiaro come anche in questo caso non possa essere chiamata in giudizio.

Eventuale risarcimento

È uno scenario che si verificherebbe nel caso in cui si trovasse un giudice competente a pronunciarsi nel merito; ma il diritto internazionale esclude che gli Stati possano subire la sottrazione forzata dei loro beni, garantendone di fatto l’immunità. La Cina risulterebbe perciò esclusa da misure coercitive e esente da azioni giudiziarie cognitive ed esecutive, poiché ci troviamo davanti ad atti di iure imperii, ossia di prerogative sovrane e non commerciali o private, le quali sarebbero invece idonee ad essere sottoposte ad esecuzione coattiva.

Conclusione

Sembra quindi che la Cina possa solo essere accusata e subire una pena ravvisabile in una sanzione economica unilaterale di natura commerciale. Una soluzione più concreta, proposta dall’Australia, potrebbe essere la creazione di una commissione di inchiesta internazionale che accerti i fatti in loco; il suggerimento sembra però destinato a non realizzarsi per via del necessario consenso della Cina ad ospitare una fact-finding commision, ossia un team di esperti indipendenti, sul suo territorio. Pechino ha già stigmatizzato l’iniziativa di Canberra come “based on the presumption of guilt”.

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