Crisi fra Serbia e Kosovo: un nuovo campanello d'allarme sulla situazione balcanica

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  Tiziano Sini
  29 November 2022
  2 minutes, 42 seconds

Quello che è capitato nelle ultime settimane fra Serbia e Kosovo è probabilmente la più grave crisi diplomatica fra i due paesi dal 2013, data della firma dell’Accordo di Bruxelles[1] che permise, dopo due anni di negoziati, il raggiungimento di un compromesso fra le parti, in grado di alleggerire la tensione nell’area e normalizzare i rapporti.

Una situazione estremamente incandescente - soprattutto a causa delle ripercussioni internazionali - che si è innescata negli ultimi mesi, mostrando una conflittualità latente difficile da superare, ma anche da gestire[2].

In questo caso la questione dirimente che ha fatto deflagrare la crisi ha riguardato la regolamentazione sulle targhe e la relativa re-immatricolazione di queste nei rispettivi paesi; un tema noto e già da tempo discusso - anche grazie alla mediazione Ue - ma per cui le parti non sono riuscite a far passi avanti per raggiungere compromessi concreti.

Una situazione estremamente cruciale, che ha raggiunto il picco critico il 6 novembre scorso, quando, sotto l’impulso di Lista Srpska, il principale partito rappresentante la minoranza serba in Kosovo, un numero elevato di membri dell’amministrazione si sono dimessi, scendendo per protesta in strada. Come testimonia la popolata manifestazione a Mitrovica[3]

Momenti di tensione e di grandissima preoccupazione, quindi, fondamentalmente per il rischio che si potessero verificare sommosse violente e scontri, con conseguenti interventi militari.

Una situazione che si è protratta per alcune settimane, rischiando più volte di degenerare, nonostante il provvidenziale intervento europeo, e successivamente anche Italiano[4]. Trovando, dopo una asprissima contrapposizione, finalmente un accordo, come annunciato con soddisfazione il 23 novembre dall’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell.

Le parti hanno fatto un passo avanti: la Serbia, infatti, smetterà di emettere targhe con le denominazioni delle città del Kosovo e il Kosovo cesserà ulteriori azioni relative alla re-immatricolazione dei veicoli; ma non per questo le preoccupazioni sono cessate.

Lo scenario che emerge resta - al di là di questo episodio contingente - estremamente preoccupante, come manifestato dalle enormi difficoltà a dialogare e dal grado di conflittualità latente e mai sopita fra le parti.

Dinamiche chiare anche per le Istituzioni europee che, oltre ad aver colto con sconforto l’incapacità di collaborare e di rispettare gli Accordi stipulati, hanno constatato il pericolo che nuove crisi possano sorgere. Come ad esempio il mancato rispetto della costituzione dell’Associazione delle Municipalità serbe in Kosovo, che da tempo Belgrado rivendica come da accordi, ma che al momento non è stata ancora istituita[5].

Per queste ragioni disinnescare possibili crisi, soprattutto in un momento delicato come quello attuale non è assolutamente secondario, per lo più, in un’area, quella balcanica, che rischia di attraversare momenti estremamente critici in futuro.

[1] https://www.europarl.europa.eu/ftu/pdf/it/FTU_5.5.2.pdf

[2] https://www.eunews.it/2022/11/14/ue-tensioni-serbia-kosovo-targhe/

[3] https://www.agi.it/estero/news/2022-11-06/kosovo-protesta-a-mitrovica-siamo-serbia-18735459/

[4] https://www.lastampa.it/esteri/2022/11/23/news/guerra_delle_targhe_in_kosovo_altre_48_ore_prima_delle_multe_tajani_e_crosetto_italia_capofila_per_la_pace-12256507/

[5] https://www.eunews.it/2021/12/07/ue-ammonisce-pristina-associazione-municipalita-serbe-in-kosovo/

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Tiziano Sini

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