A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si considera un negoziatore nato con un talento per le negoziazioni difficili e per riuscire a concludere un buon affare. Quando si tratta di commercio, il suo approccio è chiaramente posizionale e le negoziazioni sono trattate come una sorta di giochi a somma zero per vincitori e vinti. Imporre dazi, o minacciare di farlo, è il suo modo preferito di esercitare influenza sui partner commerciali degli Stati Uniti. Mentre i dazi sono imposti unilateralmente e non il risultato di pazienti negoziati. Essi possono essere interpretati come una mossa di apertura per ottenere una leva efficace nelle negoziazioni commerciali più avanzate.
Da quando ha assunto la carica presidenziale degli USA, Trump ha annunciato una serie numerosa di nuovi dazi, tutti di ampia portata, tra i quali uno generalizzato su acciaio e alluminio che entrerà presto in vigore dal 12 marzo prossimo. Ha anche presentato il “piano equo e reciproco” volto a correggere qualsiasi squilibrio commerciale che gli USA si trovano ad affrontare, incluso il surplus commerciale dell’UE sulle automobili. E più di recente, ha minacciato di imporre tariffe del 25% su tutti i beni importati dall’Unione Europea (UE). In quanto maggiore partner commerciale degli USA, l'UE è preoccupata. Tuttavia, l'UE è anche una formidabile negoziatrice.
I negoziati sono parte integrante del DNA dell'UE.
Sono il modo preferito da questa alleanza di impegnarsi con i paesi terzi e soprattutto negli affari commerciali: la Commissione europea negozia in nome e per conto degli stati membri, proiettando in questo modo un fronte UE del tutto unito. Con più accordi commerciali in atto rispetto a qualsiasi altro paese o blocco regionale, è considerato a livello internazionale il campione di un ordine commerciale ad estensione globale e di affidabile segno liberale.
A differenza di Trump, l'UE preferisce un approccio più aperto.
I negoziati sono considerati giochi con beneficio uguale e/o analogo per tutti (win-win), con un focus sulla costruzione di relazioni e sul tentativo quasi sempre riuscito di capire dove si colloca l'altra parte. Nel frangente attuale, la risposta UE alla costosa provocazione di Washington è stata rapida e strategica: l'UE ha già scoperto che l'unica opzione con Trump è quella di giocare con lui al suo stesso gioco.
L'arte degli altri accordi
Restando fedele a ciò che sa fare meglio, l'UE si è affrettata a concludere i negoziati commerciali con altri partner per compensare alcune delle perdite economiche derivanti da potenziali dazi statunitensi e per dimostrare il suo impegno costante verso la liberalizzazione degli scambi e la cooperazione internazionale.
I rapporti con il Mercosur
Dall'elezione di Trump, l'UE ha ultimato formalmente i negoziati per un accordo commerciale che sa di rivoluzionario con il Mercosur, un’alleanza commerciale sudamericana che unisce Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Questo accordo, una volta ratificato nella sua forma dettagliata e definitiva, creerà per i paesi dell’Unione Europea un ulteriore mercato capace di circa 800 milioni di cittadini, stimolando grandemente i già esistenti legami commerciali e politici tra queste due grandi regioni geografiche. Determinando effetti geopolitici di enorme entità tra le due sponde dell’oceano Atlantico ed a livello globale.
Pertanto, a fronte del manifesto rifiuto indiretto dell'approccio all’ "America first" proclamato dal rieletto presidente USA, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato come tale accordo UE-Mercosur sia una necessità politica di valenza prioritaria, "riunendo partner che condividono idee simili e credono nell'apertura e nella cooperazione come motori della crescita economica".
I rapporti con altri paesi
L'UE ha inoltre concluso i negoziati sugli accordi commerciali con la Svizzera e il Messico, ha ripreso i medesimi negoziati per un accordo di libero ed esteso scambio globale con la Malesia e mira ad un accordo commerciale con l'India da concludersi entro il 2025.
Questa reazione è da intendersi come la significativa risposta dell'UE all'approccio isolazionista adottato da Trump nel corso del suo primo mandato presidenziale. Ancora più significativo è stato l’ampio accordo di libero scambio raggiunto con il Giappone. Testimoniato significativamente dalla lunga visita di Stato del Presidente italiano Mattarella nelle città più industriali del Giappone Bruxelles ha ulteriormente sottolineato come l'UE e il Giappone stanno "inviando un forte segnale al mondo: due delle sue maggiori economie credono ancora nel libero scambio, opponendosi in questo modo sia all'unilateralismo che al protezionismo".
È stata anche la prima volta che l'UE ha utilizzato un accordo commerciale per impegnarsi nell'ultimo accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, un impegno che è stato replicato nell'accordo UE-Mercosur. Anche questo è stato un modo per prendere posizione contro il più ampio rifiuto del multilateralismo e il ritiro dall'accordo di Parigi da parte di Trump.
Sebbene non proprio intenzionalmente, Trump ha innescato un'espansione della rete di accordi commerciali dell'UE. Ma sebbene essi siano significativi, non possono (ancora) proteggere completamente l'UE dagli effetti dai dazi imposti dagli USA. Dopo tutto, l'UE e gli USA sono i maggiori partner commerciali l'uno dell'altro e hanno la relazione economica più integrata al mondo.
Per questo motivo, l'UE ha intrapreso da subito un'intensa attività diplomatica per cercare di scongiurare gli incombenti dazi e anzi di attirare gli USA al proprio tavolo delle trattative. Ha espresso ampia apertura verso un abbassamento dei dazi sui beni industriali, tra cui le automobili, pur insistendo sul fatto che tale mossa deve far parte di un accordo negoziato più ampio e compatibile con le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Tali sforzi finora non hanno prodotto alcun risultato positivo. Ciò ha lasciato all'UE come unica scelta possibile quella di prendere atto della posizione assunta da Trump e adottare l’applicazione di proporzionate misure di ritorsione. Da tempo si riscontra una forte resistenza all'uso di tali provvedimenti contrari all'approccio negoziale tradizionalmente aperto dell'UE, ma i toni a Bruxelles si sono ora induriti.
Le conseguenze
Una guerra tariffaria reciproca avrà certamente effetti negativi sulle aziende e sui consumatori su entrambe le sponde dell'Atlantico. Durante il suo primo mandato, Trump ha imposto dazi su materie prime come l’acciaio e alluminio e l'UE ha risposto con tariffe mirate su beni abbastanza trascurabili come il whisky americano e i jeans. A questo è seguito un accordo politico, che ha aperto la porta ai colloqui commerciali.
Sebbene un accordo commerciale non si sia mai materializzato, si dimostra come sia gli USA che l'UE abbiano riconosciuto la necessità di una de-escalation della disputa e di un ritorno al tavolo delle trattative. Questa volta, le tariffe incombenti sono più complete e avrebbero implicazioni di più vasta portata. La domanda più critica è quanto durerà – e quanto sarà dannosa – la guerra commerciale prima che le parti tornino al tavolo delle trattative? Dopotutto, è solo lì che si può raggiungere un accordo virtuoso per tutti.
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Redazione
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