La morte del presidente l’Ayatollah Seyeda Ebraihim Raisi sta creando scalpore e reazioni differenti non solo tra Oriente e Occidente, ma anche all’interno dello stesso Medio Oriente dove il mondo arabo sunnita, a parte le doverose e istituzionali condoglianze, quello civile sembra prendere qualche distanza da questo inaspettato lutto gioendo per la morte di colui che massacrò migliaia di mojaheddin, per non parlare delle reazioni del popolo iraniano azzittito e imbavagliato, ma che nonostante tutto riesce ad esprimere felicità per quello che definisce l’inizio del cambiamento.
Ma perché Ebrahim Raisi fu soprannominato il “macellaio di Teheran”?
Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Ebrahim Raisi è stato il vice procuratore di Teheran, membro influente della commissione della morte nelle carceri di Evin e Gohardasht nonché responsabile dell'esecuzione di decine di migliaia di prigionieri politici.
Fu il capo del tribunale rivoluzionario di Teheran per i gruppi antagonisti. È stato molto attivo negli arresti, nelle torture e nell'esecuzione di membri e sostenitori di gruppi di opposizione, in particolare dei mujaheddin. Vice procuratore di Teheran dall'inizio degli anni '60 è stato membro permanente della commissione della morte durante il massacro del 1367 calendario islamico (1988 calendario gregoriano). Il massacro del 1367 fu un evento in cui per ordine di Seyed Ruhollah Khomeini, diverse migliaia di prigionieri politici e ideologici, nelle carceri della Repubblica islamica dell'Iran, nei mesi tra l'agosto e il settembre del 1367 furono segretamente giustiziati e sepolti in fosse comuni.
Nelle sue memorie, Hossein - Ali Montazeri, l'oppositore di più alto rango delle esecuzioni, dopo proteste scritte ebbe un incontro faccia a faccia, nell'agosto 1367, con la presidenza della commissione delle esecuzioni, cioè con Hossein Ali Niri (sovrano di Sharia all'epoca), Morteza Eshraqi (all'epoca procuratore), Ebrahim Raisi (all'epoca vice procuratore) e Mustafa Pourmohammadi (l'allora rappresentante del Ministero dell'Intelligence nella prigione di Evin). Montazeri disse loro: “in futuro, sarete ascritti tra i criminali della storia” e così è stato.
Tra condoglianze di Stato e l’esultanza del popolo iraniano
Oggi il mondo sciita estremista e i governi autocratici come quello russo e cinese lo piangono come ‘Grande uomo che ha fatto tanto per il suo popolo’.
L'Ayatollah Khamenei, definito il leader della rivoluzione dai quotidiani di Stato, ha espresso le sue sentite condoglianze su quello che hanno definito il martirio.
Di seguito uno stralcio del testo del messaggio di cordoglio di Khamenei: «…Questo sfortunato incidente è avvenuto durante un tentativo di assistenza; L'intero periodo di responsabilità di questa persona nobile e altruista, sia durante il breve mandato presidenziale che prima, è stato completamente speso in sforzi ininterrotti al servizio del popolo, del Paese e dell'Islam…».
Il comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica ha sottolineato che i nomi, i ricordi e il ruolo svolto dai martiri nell'adempimento di gravi e delicate responsabilità nel mondo islamico durante il triennio di presidenza, sarebbero state “di buon esempio e dovrebbero essere mantenute soprattutto per il sistema” peccato che questi leader abbiano omesso il fatto che per un regime autoritario e senza rispetto per il popolo siano stati uccisi e stiano continuando a morire giovani, attivisti, antagonisti politici di tutte le età che vorrebbero ritornare a vivere liberamente. Partendo dai massacri dell’ultima rivoluzione creatasi dopo la morte di Mehsa Amini con ‘Donne, vita e libertà’.
Tra gli altri paesi alleati della Repubblica islamica, in particolare la Russia, ha espresso la massima vicinanza per il lutto alle autorità della Repubblica islamica. In un messaggio ad Ali Khamenei, Vladimir Putin ha scritto: «Per favore accetta le nostre più sincere condoglianze per la grande tragedia che ha colpito il popolo iraniano e ha provocato la morte di Ebrahim Raisi e di una serie di altre figure di spicco del tuo governo».
Mentre Il viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov ha dichiarato: «La Russia conferma il suo impegno per una stretta e profonda cooperazione con l'Iran e sottolinea il fatto che tutti gli accordi con Teheran saranno realizzati».
La notizia dell'incidente in elicottero di Ebrahim Raisi ha avuto un ampio impatto anche sui social network cinesi, in particolare sulla rete Weibo in Cina. Il presidente cinese Xi Jinping ha definito la morte di Ebrahim Raisi triste, dichiarandola «Una grande perdita per il popolo iraniano - e ha in fine aggiunto - il popolo cinese ha perso un buon amico».
Così come numerose le condoglianze dall’Europa e dall’Occidente. Condoglianze dovute e istituzionali ancorché ipocrite, perché se molti di loro fossero liberi di dire ciò che pensano le varie opinioni si sprecherebbero.
Il popolo iraniano festeggia
Tutta un’altra storia quella del sentire del popolo iraniano in Patria e all’estero. Ci sono i cauti e quelli che non riescono a mantenere l’esplodere di gioia per l’inizio della “possibile” fine di un regime.
Difatti, dopo le prime e confuse notizie che il regime iraniano lanciava sui social, e che non dava nessuna notizia certa sulla morte del Presidente Raisi e dei membri che lo accompagnavo sul velivolo, dopo la prima notizia del grave incidente in elicottero un'ondata di gioia ha travolto masse di persone in tutto il paese.
Fuochi di artificio, balli, video che inneggiavano alla morte non di un presidente, ma di uno degli uomini che il popolo iraniano definisce “uno dei peggiori criminali della storia”.
Difatti oltre ai massacri del 1988, Raisi è stato responsabile del massacro di 1.500 martiri della rivolta dal novembre 2019, complice di tutte le brutali esecuzioni e torture in stile medievale nelle carceri di Khamenei, in particolare del massacro di 750 martiri della rivolta iniziata nel 2022 con la morte di Mahsa Amini.
Secondo fonti locali, dopo la notizia dell’incidente dell’elicottero, Khamenei avrebbe detto a un gruppo di funzionari del regime: «La nazione non allerterà il popolo iraniano, ma allertiamo i Basij (forza paramilitare volontaria composta da uomini troppo giovani o troppo anziani per il servizio militare e fondata da Khomeini). N0n ci sentiremo a disagio, poiché non si creerà alcuno squilibrio negli affari del paese». Un messaggio questo che a detta di chi vive a stretto contatto con il regime, significa timore per la perdita del braccio principale e di come in questo momento il terrore e la paura stiano scuotendo le fondamenta del sistema.
La signora Maryam Rajavi, presidente eletta dell’opposizione e della Resistenza iraniana, ha dichiarato dopo la morte di Ebrahim Raisi: «E’ la maledizione delle madri e di coloro che chiedono il perseguimento di coloro che sono coinvolti nello spargimento del sangue dei martiri e dei morti, che sono rimasti fermi sulle loro posizioni, è la maledizione di Dio, del popolo e della storia che insegue il carnefice della strage del 1988».
La felicità di chi ha visto morire i propri cari
Un assist e un colpo strategico pesante e irreparabile voluto dal “destino” per Khamenei e per l’intero sistema di esecuzioni e massacri, con conseguenze che con molta probabilità colpiranno l’intera tirannia religiosa, spingendo le rivolte ad andare avanti. La voce unanime di chi è fuggito e che ora si trova in Italia dice: «Il destino di tutti coloro che hanno giustiziato e stanno giustiziando i figli dell’Iran rimane e rimarrà un esempio».
E così continua sui media l’esultanza di un popolo: «Alle vittime di Raisi è stata negata l'opportunità di processare questo criminale». A dirlo Hamed Esmailiyoun, una delle figure dell'opposizione della Repubblica islamica e membro dell'Associazione delle vittime del volo PS752, che ha scritto su X: «Alle vittime di Raisi è stata negata la possibilità di processare questo criminale, ma il suo nome resterà inciso storia nell'oscuro velo del crimine.
Per le strade dell'Iran si festeggia la morte del Presidente
Il presidente meritava di essere processato in un tribunale giusto per aver commesso un crimine contro l'umanità, aggiungendo che il popolo iraniano è vittima di crimini contro l'umanità e merita di vedere giustizia».
Infiniti i video di balli, brindisi di giovani e scritte di esultanza in seguito alla conferma della morte di Raisi. I familiari delle vittime della Repubblica Islamica hanno scritto messaggi esprimendo la loro felicità, menzionandolo come uno dei più importanti violatori dei diritti umani in Iran. In ricordo dei crimini commessi dall’ex Presidente negli ultimi quattro decenni, queste famiglie hanno menzionato i soprannomi a lui attribuiti come Boia del 67, Macellaio di Teheran, Ayatollah del massacro, Giudice della morte e Membro del Consiglio della morte.
Alcuni membri delle famiglie del tribunale hanno anche pubblicato video dei loro cari defunti che ballavano e chiedevano alle persone di ballare per esprimere gioia per la morte di Raisi e dei suoi compagni. A gioire non sono solo le famiglie delle ultime vittime del regime religioso, ma tutte le famiglie di coloro che negli ultimi 4 decenni hanno visto familiari ed amici morire senza un giusto processo e senza una causa reale. La voce di popolo è che sarebbe stato meglio vederlo in tribunale, ma il desiderio di tutti era che la notizia della morte fosse confermata.
Nel testo citato nell’ultima foto sul profilo Instagram di Zahra Malkinia, madre di Amirreza Hamtazad, un manifestante morto nelle recenti rivolte, si legge: “Risero e danzarono nel nostro lutto. Possiamo noi ridere e ballare nel loro lutto."
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L'Autore
Giusy Criscuolo
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