A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS
Un’intensa perturbazione, prevedibile (grazie anche ai sondaggi effettuati negli USA) e attesa da tempo, si è schiantata sulla politica estera americana: Donald Trump ha stravinto per un secondo mandato come Presidente degli Stati Uniti. Nonostante i sondaggi, effettuati e dominati dai media di sinistra europei, prevedessero un risultato a conclusione di un sofferto testa a testa fra i due da cardiopalma, i risultati finali sono stati macroscopicamente univoci e decisivi a favore di Trump e, sebbene non conosciamo la composizione precisa di quale sarà il nuovo ordine, sappiamo già da ora che Trump occuperà lo studio ovale per i prossimi quattro anni.
La vittoria di Trump alle presidenziali del 2016 è stata molto più sorprendente e gran parte del dibattito svolto nelle settimane successive al giorno delle elezioni è ruotato attorno alle principali domande su come avrebbe governato e su quanto avrebbe cercato di modificare radicalmente il ruolo degli Stati Uniti nel mondo.
A causa dell'imprevedibilità, in parte studiata, di Trump, dello stile razionale e talvolta irregolare, alcune di quelle stesse domande rimangono attualmente ancora aperte. Il vantaggio odierno degli analisti è quello di avere più numerose informazioni relative ai quattro anni in cui è stato visto governare gli USA, seguiti da altri quattro anni di analisi del suo periodo in carica e un anno di testimonianza della sua terza campagna elettorale per la Casa Bianca. Con quei dati, è possibile fare delle previsioni meno fantasiose su cosa Trump cercherà di fare nel suo secondo mandato. L'incognita nota è come reagirà il resto del mondo e quale sarà il risultato finale.
Attualmente le cose più chiare sono due.
- Uno. Nel corso del primo mandato di Trump (come in tutte le amministrazioni presidenziali), il suo gruppo plasmerà la politica e varie fazioni si contenderanno la propria influenza in seno al governo, alcune con idee più radicali sulla trasformazione dello stato amministrativo e della politica estera americana, altre con visioni meno spinte e più convenzionali. Questa volta, però, le fazioni più estreme potrebbero avere la meglio e faranno leva sulla propria posizione per porre a tacere le voci più moderate, svuotare i ranghi dei professionisti civili e militari, oggi visti come una sorta di “stato profondo" e forse utilizzare le leve del governo per attaccare gli oppositori e i critici di Trump.
- Due. L'essenza dell'approccio di Trump alla politica estera, il transazionalismo nudo e crudo, rimane quasi sicuramente invariato. Ma il contesto nel quale cercherà di mettere in atto la sua forma idiosincratica di accordi oggi è cambiato radicalmente: il mondo odierno è un posto divenuto più pericoloso di quanto non fosse durante il suo primo mandato: la retorica elettorale di Trump ha dipinto il mondo in termini quasi apocalittici, descrivendo se stesso e il suo team come realisti intransigenti capaci di comprenderne sia i pericoli che i rimedi. Ma ciò che è stato offerto è parso meno realistico: sono state pronunciate una serie di fantasiose vanterie e di superficiali panacee che non riflettevano alcuna genuina comprensione delle minacce che gli Stati Uniti dovranno affrontare.
Se Trump riuscirà effettivamente a proteggere gli interessi americani in questo ambiente articolato e complesso potrebbe dipendere dalla rapidità con la quale egli con il suo entourage di ministri e collaboratori abbandoneranno la caricatura della campagna elettorale che ha convinto poco più della metà dell'elettorato e affronteranno invece il mondo per come si evidenzia nella realtà.
Il suo personale sarà politico?
Il primo compito che Trump dovrà affrontare sarà la transizione formale. Anche nelle migliori circostanze, si tratta di una manovra di natura burocratica difficile da eseguire (spoils system), ed è dubbio che questa volta andrà tutto liscio. Trump ha già espresso il suo disprezzo per tale processo e, per evitare di essere soggetto a rigidi vincoli etici, si è rifiutato finora di collaborare con la superiore General Services Administration, la quale fornisce autorevolmente l'infrastruttura che consente a un governo in attesa di raccogliere le informazioni di cui ha necessità per essere pronto ad agire fin dal primo giorno di attività.
Ciò avrà ancora più importanza se Trump deciderà di mettere in posizioni di rilievo alcuni dei personaggi per il momento marginali verso il grande pubblico, ma che ora dominano la sua cerchia ristretta.
Anche se Trump non metterà in pratica le idee più azzardate che ha asserito a gran voce nella campagna elettorale, potrebbe nominare nei posti di sicurezza nazionale individui poco adeguati per tale genere d’incarichi.
In entrambi i casi arriverà con una squadra determinata a portare avanti molti degli stessi piani che personaggi meno radicali sono riusciti a dissuadere Trump dal perseguirli nel suo primo mandato. Nella futura amministrazione Trump, ci saranno ancora i repubblicani convenzionali alla ricerca di un'opportunità di carriera irripetibile e disposti a rischiare l'auto immolazione che potrebbe capitare loro se in qualche modo si scontrassero con Trump. Nessuno dovrebbe denigrare il loro servizio, poiché senza di loro, Trump non sarà il miglior presidente possibile.
Ci saranno ancora gli ideologi (che non mancano mai) i quali pensano di conoscere presuntuosamente la strategia giusta da seguire e credono di poter incanalare Trump nel fare ciò che (loro) ritengono essere la cosa giusta, ad esempio, abbandonare l'Ucraina alle predazioni sanguinarie del presidente russo Vladimir Putin. Nel mentre si rafforza la deterrenza statunitense nei confronti della Cina, un approccio che potrebbe sembrare intelligente in un seminario accademico o in un editoriale di un giornale, ma che molto probabilmente non funzionerebbe nella vita reale.
E grazie alla Heritage Foundation e all'America First Institute, come afferma la stampa americana più affermata, ci saranno molti più agenti sostenitori del disordine per i quali distruggere l'attuale sistema di definizione delle politiche di sicurezza nazionale, che ha preservato gli interessi americani per 80 anni, dovrà essere una caratteristica di Trump 2.0 e non un bug qualsiasi. La differenza è che questa volta il terzo gruppo sarà più numeroso e influente rispetto alla volta precedente.
Alleati e avversari
Gli elettori americani hanno fatto la loro scelta e la macchina del governo di Washington ora si adatterà alle idee e stile di Trump in un modo o nell'altro. Ma che dire del resto del mondo? La maggior parte degli alleati degli Stati Uniti ha visto con timore una vittoria di Trump, credendo che sarebbe stato un chiodo decisivo nella bara della tradizionale leadership globale americana.
C'è molto da criticare sulla politica estera americana dalla seconda guerra mondiale e gli alleati degli Stati Uniti non si sono mai stancati di esprimere le loro lamentele. Ma hanno anche capito che il periodo post bellico è stato di gran lunga il migliore per loro rispetto al periodo precedente, durante il quale Washington si è sottratta alle proprie responsabilità e milioni di persone hanno pagato il prezzo più alto di conseguenza. Allorché l'elettorato americano ha scelto Trump per il suo primo mandato, gli alleati degli Stati Uniti hanno reagito con una serie di strategie di copertura. Stavolta, si trovano in una posizione più fragile a causa delle loro sfide interne, delle ormai consuete minacce poste da Putin e da quelle del leader cinese, Xi Jinping. Gli alleati degli Stati Uniti cercheranno di adulare e placare Trump e, nella misura in cui le loro leggi lo consentono, offrirgli le lusinghe e gli emolumenti che si sono dimostrati il modo migliore per ottenere condizioni politiche più favorevoli durante il Trump uno.
L'approccio transazionale e a breve termine di Trump probabilmente produrrà un'immagine speculare tra gli alleati, che cercheranno di ottenere ciò che possono ed eviteranno di dare nulla in cambio. È una forma di diplomazia che nella migliore delle ipotesi potrà produrre una falsa cooperazione e nella peggiore delle ipotesi lascia invece che i problemi si inaspriscono.
Al contrario, tra gli avversari degli Stati Uniti, il ritorno di Trump presenterà alcune opportunità. Trump ha promesso di provare a costringere l'Ucraina a cedere territorio alla Russia, consolidando i guadagni di Putin dall'invasione. A differenza di molte promesse della campagna elettorale, questa è credibile, in quanto Trump è circondato per il momento da consiglieri anti-Ucraina e pro-Putin.
È anche probabile che il suo piano per l'Ucraina venga implementato poiché questo potrebbe rientrare interamente nell'ambito delle prerogative presidenziali.
L'unica domanda è se Putin accetterà una resa parziale con l'intesa che può sempre impossessarsi del resto del territorio ucraino una volta che Trump avrà imposto con successo la "neutralità" a Kiev o se Putin chiamerà il bluff di Trump e chiederà immediatamente la piena capitolazione.
I vantaggi per la Cina sono meno evidenti, poiché molti dei principali consiglieri di Trump si abbandonano al realismo magico di pensare che gli Stati Uniti possano sacrificare gran parte dei propri interessi in Europa e in qualche modo rafforzare la deterrenza contro le predazioni commerciali e geopolitiche cinesi nell’Indo-pacifico.
I primi passi della nuova amministrazione Trump in Asia potrebbero sembrare aggressivi a prima vista. Ad esempio, se Trump riuscisse a imporre le massicce tariffe che ha già enunciato di imporre sui beni cinesi, l'economia cinese subirebbe non poche sofferenze, anche se il disagio per i consumatori statunitensi sarebbe maggiore e più immediato.
E Trump probabilmente cercherebbe un modo per mettere in mostra la potenza militare statunitense in Asia per segnalare una rottura con quella che ha descritto come una grave debolezza di Biden.
Le opportunità per gli avversari degli Stati Uniti
Ma è dubbio che i dazi cambierebbero significativamente le politiche della Cina o che l'aggressività performativa si tradurrebbe in un rafforzamento militare sostenuto in Asia. In primis, Trump ha imposto alcune condizioni sulla difesa di Taiwan, chiedendo che la capitale, Taipei, moltiplichi per quattro la sua spesa per la difesa al fine di porsi e qualificarsi per un più potente sostegno americano. Ma questa strategia potrebbe crollare a causa delle sue stesse difficoltà di realizzazione in tempi brevi.
Durante la campagna elettorale, Trump e Vance si sono presentati in tutte le sedi come uomini di pace, mentre deridevano la loro avversaria, la vicepresidente Kamala Harris, e i suoi alleati presentandola come guerrafondaia.
Questo ritratto implicito di Trump di apparire come una colomba candida dovrebbe essere stridente per chiunque ricordi le sue minacce del primo mandato di scatenare "fuoco e furia" sulla Corea del Nord o sui generali iraniani. L'isolazionismo puro del suo messaggio elettorale potrebbe rivelarsi una camicia di forza capace di paralizzare la politica estera trumpiana in un momento davvero critico come questo. Ma Trump è noto per la astuta capacità di liberarsi da tali catene e resistere ad ogni tipo di accerchiamento.
Trump ha vinto la possibilità di determinare la politica di sicurezza nazionale degli Stati Uniti e eserciterà l'enorme potere incarnato negli uomini e nelle donne che ora aspettano di lavorare per lui. Questo è un momento troppo precoce per elaborare riflessioni e critiche serie sul suo operato. Nel corso del suo mandato non tarderemo a sapere se possiede anche abbastanza saggezza e lungimiranza.
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