“Sei favorevole a modificare la Costituzione per consentire alla Moldova di aderire all’Unione Europea?”
Questo il quesito referendario sul quale, domenica 20 ottobre 2024, gli elettori della Repubblica Moldova si sono espressi. Due opzioni di risposta: “sì” o “no”.
5,6 milioni di schede elettorali sono state state stampate e, per la prima volta, disponibili non solo in rumeno, ma anche nelle lingue di cinque minoranze etniche: in russo, ucraino, gagauzo, bulgaro e romanès.
L’esito referendario, con un'affluenza superiore al 50%, ha sancito come obiettivo costituzionale l'adesione di Chișinău all'Unione Europea. Dopo un lungo spoglio in cui i “no” sembravano essere in vantaggio, il 21 ottobre i “sì” hanno preso il sopravvento (50,46%). A fare la differenza le poche migliaia di voti della diaspora: tra i cittadini moldavi residenti all'estero, oltre l'80% ha votato “sì”.
La scommessa di Maia Sandu
“Il posto della Moldova è in Europa”
Il “sì” espresso da poco più della metà dei cittadini moldavi sarà sancito in Costituzione, e impedirà a futuri governi (filorussi) di deviare l'attuale traiettoria pro-Europa dell'ex Repubblica Sovietica. Ma è una scommessa tutt'altro che vinta dalla Presidente Sandu, una vittoria in chiaroscuro.
Con il 42% dei consensi alle presidenziali, la leader europeista dovrà sfidare al ballottaggio del 3 novembre Alexandr Stoianoglo, ex procuratore sostenuto dai socialisti filorussi, che ha inaspettatamente raggiunto il 26%. La riconferma della Presidente uscente non è quindi affatto assicurata, e la sua leadership comunque indebolita.
Nonostante le numerose difficoltà e crisi interne, tra cui la gravosa e annosa questione transnistriana, negli ultimi anni Chișinău ha compiuto significanti progressi per l'entrata nell’Ue, ottenendo lo status di candidato nel 2022 e avviando formalmente i negoziati lo scorso giugno, al fianco dell’Ucraina.
Il governo Sandu si è impegnato a rivedere il sistema giudiziario del Paese e a rafforzare l’economia per diventare membro dell’Ue entro il 2030.
Sebbene alcuni cittadini moldavi siano scettici sull'opportunità di aderire all’Unione Europea, preferendo mantenere relazioni cordiali con la Russia, la maggior parte dei giovani è invece favorevole: per loro l'integrazione europea significa posti di lavoro migliori e più elevati investimenti nelle infrastrutture, specialmente in quelle stradali. E soprattutto, non ricordano né hanno nostalgia della vita nell'Unione Sovietica.
Doppia campagna elettorale
Per la corsa presidenziale sono stati ufficialmente registrati undici candidati, tra i quali l'uscente Presidente Maia Sandu del Partito liberale ed europeista “Azione e Solidarietà”.
Quattro sono invece i partiti filorussi che, in una coalizione unica, Pobeda/Victorie (Vittoria) – formatasi di recente proprio a Mosca – avrebbero condotto una campagna contro l’adesione della Moldova all’Ue. Alla coalizione, tuttavia, è stata negata la registrazione dalla Commissione elettorale centrale per violazione delle norme sul nome: esiste infatti un altro partito moldavo con la stessa denominazione.
Nonostante il ricorso presentato, il gruppo politico filorusso è stato escluso, sia dalle elezioni presidenziali che dal voto referendario, per il mancato rispetto di una norma burocratica. In realtà, l'esclusione della coalizione è però riconducibile a uno schema di acquisto di voti: “in vero stile mafioso”, come ha dichiarato il Capo della Polizia in una conferenza stampa per denunciare l’arrivo di 15 milioni di dollari, provenienti da fondi russi, sui conti correnti di circa 130mila cittadini moldavi per convincerli a votare contro l’adesione della Moldova all’Unione Europea. La Polizia moldava ritiene che l’operazione, scoperta a un mese dal voto, sia stata orchestrata da Mosca.
Soldi, bugie e disinformazione
Già in campagna elettorale, le autorità moldave avevano lanciato l'allarme sul fatto che la Russia stesse cercando di influenzare le elezioni per allontanare l'ingresso nell'UE della Moldova. Chișinău afferma infatti che Mosca abbia speso fino a 100 milioni di euro per penetrare nel processo elettorale, mediante campagne di disinformazione e propaganda antieuropea volte a influenzare o rendere vano il voto nell'ex Repubblica Sovietica.
“Spetta a voi cittadini fermare l'attacco alla democrazia.
La scelta: Torniamo al passato, soli, senza risorse per lo sviluppo e vulnerabili alle sfide, o andiamo verso il futuro nella famiglia dei Paesi civilizzati?”
L'appello che il Primo Ministro della Moldova, Dorin Recean, ha lanciato agli elettori prima del voto.
Limbo post-sovietico
L'esito della doppia votazione ha riacceso tensioni tra la leadership filoccidentale di Maia Sandu e la regione orientale della Transnistria: i separatisti filorussi controllano de facto l'est del Paese.
Nell'autoproclamata Repubblica di Tiraspol, dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina, infiamma lo spirito sovietico, imperituro in un passato che non passa. Qui un’ampia minoranza della popolazione guarda ancora a Mosca. E parla esclusivamente russo, che non è lingua di Stato. Il Cremlino ha quindi ancora un soft power molto influente, che si diffonde attraverso i media in lingua russa – su tutti il canale Telegram Evrazia, veicolo di propaganda antioccidentale gestito dall'oligarca moldavo-israeliano Ilan Șor, latitante in Russia – e la Chiesa Ortodossa di Chișinău, operante sotto l’egida del Patriarcato di Mosca.
La vittoria dei “sì”, che garantisce l'irreversibilità del percorso europeo, era un risultato atteso – e da Bruxelles fortemente auspicato – ma non affatto scontato. Inizia ora una duplice sfida per il Paese e la politica moldava: il processo di integrazione europea e la piena indipendenza da Mosca, con elettori sempre più impazienti di fronte alle infinite promesse di cambiamento e lotta alla corruzione. In un futuro (non più?) sospeso nel limbo tra Putin e Unione Europea.
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L'Autore
Giuliana Băruș
Studi in Giurisprudenza e Diritto Internazionale a Trieste.
Oltre che di Diritto (e di diritti), appassionata di geopolitica, giornalismo – quello lento, narrativo, che racconta storie ed esplora mondi – fotoreportage, musica underground e cinema indipendente.
Da sempre “permanently dislocated – un voyageur sur la terre” – abita i confini, fisici e metaforici, quelle patrie elettive di chi si sente a casa solo nell'intersezionalità di sovrapposizioni identitarie: la realtà in divenire si vede meglio agli estremi che dal centro. Viaggiare per scrivere – soprattutto di migrazioni, conflitti e diritti – e scrivere per viaggiare, alla ricerca di geografie interiori per esplorarne l’ambiguità e i punti d’ombra creati dalla luce.
Nel 2023, ha viaggiato e vissuto in quattro paesi diversi: Romania, sua terra d'origine, Albania, Georgia e Turchia.
Affascinata, quindi, dallo spazio post-sovietico dell'Europa centro-orientale; dalla cultura millenaria del Mediterraneo; e dalle sfaccettate complessità del Medio Oriente.
In Mondo Internazionale Post è autrice per la sezione “Organizzazioni Internazionali”.
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