Inceneritori si o no?

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  Valeria Fraquelli
  12 May 2023
  4 minutes, 52 seconds

Si parla tantissimo di rifiuti, di dove metterli, di ridurli, di come fare a trattare quella spazzatura che non può essere differenziata e ultimamente è tornato alla ribalta il caso dei termovalorizzatori o degli inceneritori.


L’opinione pubblica si è spaccata tra chi è favorevole e chi è contrario, i favorevoli mettono in evidenza il numero molto alto di rifiuti che potrebbero essere trattati in questo modo senza finire in discarica, i contrari invece mettono al primo posto le possibili conseguenze sulla salute dei fumi dei termovalorizzatori.


Come sempre si può dire che la verità sta nel mezzo, la spazzatura trattata è in effetti tanta e si evitano le discariche, i fumi e la loro composizione sono in effetti un problema e per questo esistono filtri e sistemi di controllo per evitare le emissioni oltre il limite di legge. Ma cosa sono e come funzionano inceneritori e termovalorizzatori?


Inceneritori e termovalorizzatori sono due cose diverse e i due termini non possono essere usati come sinonimi. Gli inceneritori si limitano a bruciare i rifiuti mentre i termovalorizzatori dopo la combustione usano il calore prodotto per creare energia elettrica e in qualche caso anche riscaldamento, il famoso teleriscaldamento che in qualche città tiene al caldo le case di migliaia di cittadini.


Bisogna dire che le scorie di combustione rappresentano il 20% circa del materiale inviato ad incenerimento, dopo essere state raffreddate, vengono raccolte in una fossa di stoccaggio dedicata, dalla quale poi sono inviate ad appositi centri di trattamento. Alla fine otteniamo l’80% che viene usato per produrre cemento, un 10% sotto forma di materiale ferroso e un 10% di perdita d’acqua.


Da un lato la parola termovalorizzazione può essere vista “come ammiccante al concetto di valorizzazione del rifiuto, quando in verità non si tratta di valorizzare il pattume perché se si fanno due conti si vede bene che il processo di incenerimento – dalla raccolta allo smaltimento delle ceneri – consuma molta più energia di quella necessaria per il processo di riuso – dalla raccolta differenziata al riciclo”.


Dall’altro può essere vista in chiave di produzione di energia quindi come valorizzazione del rifiuto come fonte di energia e riscaldamento. Il calore prodotto dalla combustine dei rifiuti infatti viene usato per muovere una turbina che a sua volta crea energia elettrica che illumina le case di migliaia di cittadini. Ma può anche essere usato per il riscaldamento, e in questo caso si parla di teleriscaldamento perché molte case vengono riscaldate da un’unica grande caldaia.


È questo il caso di Torino che usa il suo termovalorizzatore per energia e teleriscaldamento e in questo modo riesce ad usare i suoi rifiuti per offrire i suoi servizi alla popolazione. Si può restringere e quasi chiudere il ciclo dei rifiuti, inoltre si evitano discariche malsane e maleodoranti che emettono continuamente un fetore che può anche arrecare seri danni alla salute.


In Europa ci sono anche Paesi Termovalorizzatore-free. Grecia, Cipro, Lettonia, Romania e Bulgaria non lo usano e Slovenia, Malta, Lituania e Croazia molto poco. Al contrario paesi come Svezia, Svizzera, Danimarca e Germania fanno largo uso del Termovalorizzatore, uno dei più grandi d’Europa si trova nei Paesi Bassi, nazione che è però mira alla massima prevenzione della produzione di rifiuti o al loro riciclo e riuso.


La sfida tra termovalorizzatore e riciclo o raccolta differenziata è più aperta che mai. I contrari al termovalorizzatore infatti dicono che la combustione dei rifiuti disincentiva il riciclo e spinge a non impegnarsi nella differenziazione dei rifiuti, anzi si produce molto indifferenziato perché è proprio su questo che si basa l’intero sistema.


I favorevoli ai termovalorizzatori fanno leva sulla minore quantità di rifiuti in discarica, sulla capacità di trasformare i nostri scarti in energia elettrica e riscaldamento per la popolazione e concentrano le loro motivazioni con i fumi relativamente puliti che fuoriescono da un impianto del genere. Vengono portati esempi virtuosi come il termovalorizzatore di Copenhagen che è pulito e sicuro, tanto che è stata allestita una pista da sci proprio sopra.


I contrari invece dicono che alla lunga la termovalorizzazione disincentiva la raccolta differenziata, lasciando le città più sporche e più vulnerabili. Se nella combustione dei rifiuti è importante l’indifferenziato, dicono i contrari, allora è probabile che la maggior parte della popolazione abbandoni la differenziazione dei rifiuti con la scusa che “tanto poi i rifiuti vengono bruciati”. Anche i fumi sono visti con sospetto dai detrattori che si chiedono se davvero siano puliti e controllati prima di essere catalogati come atossici.


In conclusione il dibattito sui termovalorizzatori non è certo facile da risolvere, non può ridursi tutto a bianco contro nero perché nel mezzo ci sono delle sfumature di grigio che forse non sono state del tutto esplorate. Nessuno può dirsi favorevole o contrario a prescindere, la questione andrebbe analizzata in modo serio e obiettivo.



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L'Autore

Valeria Fraquelli

Mi chiamo Valeria Fraquelli e sono nata ad Asti il 19 luglio 1986. Ho conseguito la Laurea triennale in Studi Internazionali e la Laurea Magistrale in Scienze del governo e dell’amministrazione presso l’Università degli Studi di Torino. Ho anche conseguito il Preliminary English Test e un Master sull’imprenditoria giovanile; inoltre ho frequentato con successo vari corsi post laurea.

Mi piace molto ascoltare musica in particolare jazz anni '20, leggere e viaggiare per conoscere posti nuovi ed entrare in contatto con persone di culture diverse; proprio per questo ho visitato Vienna, Berlino, Lisbona, Londra, Malta, Copenhagen, Helsinki, New York e Parigi.

La mia passione più grande è la scrittura; infatti, ho scritto e scrivo tuttora per varie testate online tra cui Mondo Internazionale. Ho anche un mio blog personale che tratta di arte e cultura, viaggi e natura.

La frase che più mi rappresenta è “Volere è potere”.

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