La Haine attire la Haine

Un manifesto fin troppo attuale contro l'odio e l'emarginazione

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  Jacopo Cantoni
  07 November 2023
  3 minutes, 32 seconds

“Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani.

Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio, per farsi coraggio, si ripete:

“Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene.”

Il problema non è la caduta ma l’atterraggio.”

In uno dei magistrali prodotti artistici che la cinepresa ci ha regalato risuona silenziosa questa frase. Pronunciata all’inizio del film da un narratore onnisciente e alla fine dal protagonista della storia, Vinz, interpretato da un abile e giovane Vincent Cassel.

Una frase che descrive con una semplicità prorompente il concetto dell’ottimismo superficiale che porta ad una negazione dell’evidenza tenendo, chi la pronuncia, ancorato ad una speranza che vacilla sin dal principio. Ciò che è fondamentale in questa massima è senza dubbio il tempo. La rassicurazione temporanea è ciò che ci farà stare bene nel breve momento in cui ci convinciamo che la morte non busserà alla nostra porta. Qui diventa fondamentale l’atterraggio, l’esito finale, il risultato di ciò che abbiamo fatto o pensato durante quei, metaforici, cinquanta piani, di come ci siamo preparati per affrontarlo nella maniera più corretta.

La Haine (L’odio, 1995) di Mathieu Kassovitz, film drammatico della metà degli anni novanta, narra la giornata di tre ragazzi emarginati dalla società francese che si sostentano con poco, provando, con più o meno cognizione, a sopravvivere durante le proteste e le guerriglie descritte. Vinz, interpretato da Vincent Cassel, Hubert, dalla recitazione di Hubert Koundé e Said Taghmaoui nell’omonima veste di Said vagano per una Francia in subbuglio, come ci viene mostrato nella sequenza di repertorio utilizzata in apertura. Un paese diviso, la distanza tra la periferia e la città è tangibile, i due contesti sono in “odio” tra loro.

20 ore, effettivamente, sono il tempo che il regista decide di dedicare alla proiezione della sua prospettiva su questa emozione, 20 ore condensate in 98 minuti di pura guerriglia al fianco dei tre protagonisti. Tre diverse persone, con vite diverse, background culturali diversi, con morali diverse ma tutti e tre nella stessa identica situazione di disagio e con l’odio comune per le istituzioni.

Come dichiarato anche dallo stesso regista e sceneggiatore, Kassovitz, l’inizio della stesura della sceneggiatura di "La Haine" risale al 6 aprile del 1993, lo stesso giorno in cui il giovane Makomé M’Bowole, un diciassettenne franco-congolese, è stato tragicamente ucciso dalla polizia parigina. M'Bowole fu arrestato sospettato di aver rubato sigarette, e la sua morte si unì a quella di altri due giovani disarmati, tutti uccisi dalla polizia parigina in soli quattro giorni (cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia).

Tutti eventi che hanno ispirato il film e il regista a voler esplorare la violenza istituzionale, il razzismo sistemico e la fragilità dell'identità nazionale in Francia, ma affrontano temi universali che risuonano in tutto il mondo ancora oggi. La storia descritta è un tragico richiamo alla necessità di affrontare le questioni di ingiustizia e discriminazione su scala globale.

Dopo quasi trent’anni dalla sua uscita conferma di essere il manifesto cinematografico dell’ODIO in tutte le sue forme, verbale, fisico e morale è attuale come quando venne proiettato per la prima volta al cinema.

Il titolo venne scelto ispirandosi alla frase “La Haine attire la Haine” ovvero “l’odio attira l’odio”. Senza voler entrare nei dettagli, pensiamo solamente alla vicenda che ha visto investito uno dei festival italiani di maggior risonanza, il Lucca Comics, e di come i media abbiano distrutto l’opinione di un ragazzo, E POI, fumettista e di come l’avere un’opinione diversa abbia creato un tale trambusto.

Forse è proprio da qui che partono i veri conflitti. La Haine è ormai un cult del cinema, il mio consiglio è quello di leggerlo come un manifesto e di non fermarsi all’apparenza estetica e verbale utilizzata. Capite le scelte e capite perché sono così necessariamente corrette.

Buona visione.

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Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/130163120@N03/16724479886

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L'Autore

Jacopo Cantoni

Laureato in Cinema presso l'Alma mater Studiorum di Bologna, mi cimento nella scrittura di articoli inerenti a questo bellissimo campo, la Settima Arte. Attualmente frequento il corso Methods and Topics in Arts Management offerto dall'università Cattolica del Sacro Cuore.

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