Lukashenko, l’ultimo amico di Putin in Europa?

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  Redazione
  22 November 2022
  8 minutes, 13 seconds

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Per alcuni, Aleksandr Lukashenko, Presidente della Bielorussia, è riconosciuto come l’unico leader europeo rimasto alleato di Vladimir Putin, il Presidente della Federazione Russa. Si tratta di un uomo politico che attualmente si vanta pubblicamente di essere un dittatore. Ha un passato proveniente fondamentalmente dal mondo dell’agricoltura e da quello militare.

Fin dall’inizio del conflitto russo-ucraino gli analisti e i leader politici internazionali hanno posto il quesito se la Bielorussia sarebbe entrata in questo conflitto in supporto alle forze armate russe. Nell’ambito di questa eventualità il dilemma non è di sola natura tecnico-operativa ma riguarda anche l’estremo rischio che si correrebbe di deflagrazione ingovernabile del conflitto stesso.

La situazione attuale

Il Cremlino sta esaurendo le proprie carte politiche e militari, in atto in Ucraina.

Le forze armate di Kiev stanno progressivamente affrancando i territori orientali ucraini dalla loro occupazione russa e conducono efficaci e talvolta clamorose quanto riuscite operazioni di sabotaggio contro importanti obiettivi controllati dalla Russia, incluso il ponte di interesse strategico per tutta la viabilità terrestre verso la penisola della Crimea.

I depositi russi di munizioni hanno dissipato le loro scorte di missili terra-terra ma ripiegando su quelli terra-aria utilizzati in una imprecisa e quindi meno efficace traiettoria balistica.

Sul terreno della prima linea dei combattimenti, invece, Mosca in mancanza di arruolamenti affidabili ha dovuto schierare alcune decine di migliaia di costosi mercenari, come ad esempio quelli del gruppo Wagner.

E’ rimasta in vigore una strategia ripetitiva basata sulla diffusa e altisonante retorica della minaccia nucleare, la minaccia della "bomba sporca", nell’intento di spaventare la società civile. Al momento il Cremlino sembra essere a corto di idee più positive.

Alla luce del disastroso andamento delle operazioni militari e conseguendo nel contempo l’umiliante isolamento della Russia sul piano politico e diplomatico internazionale, in molti ipotizzano che l’unica carta che Putin possa ancora utilizzare sia l’impiego della forza armata bielorussa al comando del suo leader Lukashenko.

Ma finora Minsk ha mantenuto saldamente in patria ogni sua forza armata. Ciò ha fatto sospettare l’esistenza di una qualche forma di salda resistenza di Lukashenko e di almeno una parte dei suoi sostenitori verso le mire del Cremlino.

Attualmente non si hanno prove di eventuali pressioni esercitate da Putin su Lukashenko negli ultimi mesi. Piuttosto, per quel che appare nei media, il rapporto tra i due anziani dittatori sembra essere quasi quello di una improbabile luna di miele.

Le concessioni della Russia

La Russia ha concesso alla Bielorussia una sospensione dei rimborsi sui passati prestiti per il rilevante importo di 1 miliardo di dollari e ha emesso di recente un secondo finanziamento per ulteriori 1,5 miliardi di dollari. Inoltre, a causa delle pesanti sanzioni occidentali sulle merci di Minsk, il 60% delle esportazioni del paese ora vengono indirizzate al mercato russo, ma non è certo se con lo stesso profitto oppure a minor prezzo.

La Repubblica della Bielorussia riceve gas russo a un prezzo politico, molto inferiore a quello di mercato, di soli 128,5 dollari per mille metri cubi (rispetto al prezzo di mercato record di 2.800 dollari dell’estate scorsa.

La dipendenza energetica di Minsk da Mosca

La Bielorussia dipende fortemente dall'energia russa e costituisce una delle principali vie di transito per il petrolio e il gas russi verso l'Europa.

Circa il 10% del petrolio europeo - 1 milione di barili (un barile è pari a 158,99 litri) al giorno - passa attraverso l'oleodotto Druzhba (Amicizia) che attraversa il territorio della Bielorussia. Il gasdotto, costruito durante l'epoca sovietica, rifornisce Germania, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca.

La Russia fornisce anche 33 miliardi di metri cubi di gas all'Europa - principalmente alla Germania - attraverso il gasdotto Yamal-Europe che attraversa la Bielorussia. Tali forniture ammontano a oltre il 6% del consumo di gas in Europa.

In passato, le controversie sui prezzi di tali prodotti hanno spesso provocato interruzioni di questi flussi.

Poi, Mosca ha accolto le richieste di Minsk anche per quanto concerne una disputa (ancora in corso) sulle forniture di petrolio, che è stata fonte di contenzioso tra le parti negli ultimi cinque anni.

Questo armonioso rapporto probabilmente non sarebbe stato possibile se Lukashenko si fosse dimostrato un partner per il mantenimento dello status quo, ma ha ceduto buona parte della sua sovranità militare sul territorio della Bielorussia.

Le truppe russe possono passare nei due sensi il confine con la Bielorussia a loro totale discrezione, senza dover petulare alcun permesso di transito ad alcuna autorità locale.

Anche i medici militari sono in stato d’allerta e alcuni civili specializzati hanno ricevuto il preallarme in seguito al quale, in caso di necessità, verrebbero mobilitati fin dall’inizio delle eventuali ostilità.

Il capo dei servizi segreti e quant’altri funzionari dello stesso servizio della Bielorussia stanno visitando imprese statali, diffondendo la notizia allarmante di un "attacco imminente" contro la Bielorussia da parte dell'Ucraina.

In alcune riunioni di alto livello statale , il ministero della Difesa bielorusso ha esternato pretestuosamente il suo diritto di utilizzare "misure di deterrenza strategica per prevenire un attacco".

Insomma, tutti questi avvenimenti sembrano suscitare nuove e rinnovate preoccupazioni sul fatto che le truppe di Lukashenko possano essere associate a quelle russe alle operazioni militari d’invasione e di occupazione dell’ Ucraina .

Ma indovinare i processi mentali dei leader autoritari è sempre stata un'attività notoriamente irta di difficoltà di logica ed interpretative. Data l'apparente mancanza di pressione russa su Lukashenko, potrebbero esserci anche altre motivazioni, per ora recondite.

Dopo tutto, Minsk avrebbe buone ragioni, anche tecniche, per ritenerlo:

una parte dell’attacco russo è provenuto dalla frontiera bielorussa ed è quanto meno ipotizzabile che le forze armate bielorusse potrebbero rinnovare il medesimo attacco proveniente da ovest interrompendo in questo modo il poderoso flusso di rifornimenti verso l’esercito di Kiev.

Questa paura è chiaramente infondata solo se vista da una prospettiva occidentale. Ma è e sarà difficile valutare l’intera esegesi del sovrano bielorusso ovvero se si possa considerarlo alla stregua di un leader razionale ed autonomo nelle sue decisioni e strategie istituzionali.

Fra tutte sopravvive anche l’ipotesi più sprezzante e opportunistica: Lukashenko renderebbe almeno concreta la sua osservazione che la Russia non abbia più alcuna speranza di vittoria e che in tal caso il suo potere autoritario abbia i giorni contati. Il risultato di tale riflessione lo indurrebbe a sostenere Putin fino all’ultimo.

Quali le capacità che l’esercito russo ha di cambiare le sorti della guerra a favore di Putin?

Al momento attuale sono davvero poche e malandate.

In primo luogo, sono da annoverare le sue scarse dimensioni: con il segmento più addestrato al combattimento che non supera i 15.000 militari. La restante parte è efficiente quanto il gruppo di nuovi coscritti della Russia.

Al contrario, le forze armate ucraine dispongono di armamenti più aggiornati e da tempo più preparati ad eventuali invasioni come questa ed ancor di più in relazione un eventuale attacco proveniente da nord-est.

Sono state minate le vie di comunicazione stradali e i territori al confine con la Bielorussia e distrutti i pochi ponti presenti.

A fare la differenza sul campo è stata notata la risolutiva efficacia dei missili anticarro HIMARS i quali hanno segnato la distruzione di alcune migliaia di mezzi corazzati e motorizzati.

La seconda cruciale differenza sta in un fattore non previsto dallo Stato Maggiore russo: la pressoché unanime partecipazione e tenacia irriducibile della società bielorussa alla difesa del paese contro l’invasione non provocata della Russia.

I rischi

Da parte bielorussa, invece, risulterebbe estremamente rischioso inviare sul fronte armato i propri coscritti di leva perché provocherebbe una rivolta della società civile ancora più intensa di quanto è già accaduto in Russia con centinaia di migliaia di giovani arruolabili in fuga attraverso le strade in direzione dei paesi confinanti.

Nel frattempo le forze politiche di opposizione alla dittatura di Lukashenko stanno sfruttando questi subbugli rivolgendo alle truppe bielorusse il forte invito a deporre le armi e consegnarsi ai comandi militari ucraini. Non è ultimo l’auspicio degli oppositori a Lukashenko di sfruttare questa situazione per rovesciare il regime dispotico di questo dittatore.

In ultima analisi, risulterebbe avventata anche per Putin il rischio di compromettere i rapporti politici, economici e militari col suo unico alleato in Europa, e forse nel mondo.

Attualmente, rimane una variabile di non poco conto nel conflitto russo-ucraino: anche i decisori di Russia e Bielorussia potrebbero mutare pensiero evolvendo in maniera non del tutto razionale. Infatti, sarà necessario tenere conto di quante truppe ed armamenti vengono davvero forniti a Kiev. Perché senza di questi in numero adeguato qualsiasi forma di attacco da nord all’Ucraina sarebbe destinata all’ennesimo fallimento, pure a prescindere dalla partecipazione operativa delle forze russe.

Finora, non ci sono stati segni univoci di preparativi militari intesi a sferrare un attacco a breve termine, dato che l’intelligence occidentale ha già stabilito che i passaggi di armamenti e militari in Bielorussia sono di scarsa entità.

Al contrario, sono stati individuati mezzi motorizzati e corazzati diretti verso la Russia, significando una grave carenza di soldati e attrezzature militari pesanti da parte di Mosca.

Secondo gli analisti, la partecipazione diretta della Bielorussia alle ostilità non cambierebbe di molto l'equilibrio militare tra i due paesi in conflitto, ma potrebbe avere il potenziale per destabilizzare maggiormente la regione e in questo modo provocare al suo interno una seconda rivolta contro Lukashenko.

Conclusione

Va da sé che ogni scenario citato richiede la piena prontezza e volontà di agire dell'Unione Europea e della NATO, molto più rapidamente e con maggiore determinazione di quanto non sia accaduto e abbiano fatto durante la sfiorata rivoluzione bielorussa nel 2020.

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