Sono passate poco più di due settimane dalle elezioni americane svoltasi lo scorso 5 novembre che hanno visto la vittoria del candidato Repubblicano Donald Trump. Il Tycoon newyorkese, già durante il precedente mandato presidenziale, conclusosi nel 2020, non aveva risparmiato atteggiamenti protezionistici in materia economica, sotto il suo noto motto “Make America Great Again”. In particolare, numerosi erano stati i dazi imposti sulle importazioni, allo scopo di ridurre il deficit commerciale americano. Bersaglio principale delle restrizioni economiche era stata soprattutto la Cina, che aveva visto un aumento dei dazi sulle importazioni dei suoi prodotti negli USA dal 3% al 20% del costo dei beni. La Cina era stata obiettivo principale della strategia protezionistica di Trump in particolare per via delle asimmetrie commerciali del mercato a favore della Cina, oltre che all’inadeguata protezione a livello cinese del diritto di proprietà intellettuale. Misure protezionistiche erano state poste tuttavia in vari settori, tra cui i pannelli solari, le lavatrici, l’acciaio e l’alluminio, anche a paesi storicamente partner degli USA, come l’Unione Europea e il Canada, oltre che al Messico, creando tensione anche con stati alleati.
Nonostante anche durante gli anni della Presidenza Biden le relazioni con il Paese del Dragone siano rimaste tese, il commercio con gli altri paesi partner era ripartito, con una conseguente distensione dei rapporti.
Nel 2025, tuttavia, lo scenario è destinato a cambiare. Dopo la vittoria alle elezioni, Trump ha infatti prontamente dichiarato di voler imporre nuovi dazi e misure protezionistiche, questa volta, oltre che alla Cina, nuovamente al Canada e al Messico. In particolare, con un messaggio sul suo social network Truth Social, il presidente ha dichiarato che “il 20 gennaio, fra i miei primi ordini esecutivi, firmerò tutti i documenti necessari per far pagare a Messico e Canada una tariffa del 25% su tutti i prodotti che entrano negli Stati Uniti, e sui loro ridicoli confini aperti”. Il futuro Presidente ha poi sottolineato come tutte le misure restrittive resteranno in vigore "fino a quando la droga, in particolare il fentanyl, e tutti gli stranieri illegali non fermeranno questa invasione del nostro Paese".
Il fetanyl, infatti, è al momento una delle principali cause della crisi degli oppioidi nel paese. Trump, quindi, per evitare maggiori importazioni della sostanza mira, tramite misure restrittive a ridimensionare il problema, esortando l’intervento diretto dei Paesi interessanti. Afferma, infatti come “sia il Messico che il Canada hanno il diritto e il potere assoluto di risolvere facilmente questo problema che si trascina da tempo. Chiediamo che usino questo potere e, finché non lo faranno, è ora che paghino un prezzo molto alto!”.
Natualmente, dazi restrittivi andranno a colpire anche la Cina, maggiore importatore di fentanyl negli USA, con un aumento del 10 per cento dei dazi “su tutti i prodotti provenienti dalla Cina”. Queste misure, secondo il futuro Presidente sono necessarie perché, secondo sue parole "Ho avuto molti colloqui con la Cina riguardo alle massicce quantità di droghe, in particolare il fentanyl, inviati negli Stati Uniti - ma senza alcun risultato. I rappresentanti della Cina mi hanno detto che avrebbero istituito la pena massima, quella capitale, per qualsiasi spacciatore sorpreso a fare ciò ma, sfortunatamente, non hanno mai agito, e la droga si sta riversando nel nostro Paese, soprattutto attraverso il Messico, a livelli mai visti prima".
Naturalmente, dure sono state le risposte sia da parte della Cina che del Canada. Per quanto riguarda la Cina, la cui risposta è arrivata il giorno seguente le dichiarazioni, da Liu Pengyu, portavoce del ministero degli esteri cinese, il quale ha affermato come “Una guerra commerciale non avrebbe vincitori, ma solo sconfitti. La cooperazione commerciale ed economica tra Cina e Stati Uniti è vantaggiosa per entrambi i paesi”.
Per quanto riguarda il Canada, il governo Trudeau ha ribadito, invece, come il Canada “ha un ruolo essenziale per l’approvvigionamento energetico degli Stati Uniti”, destinazione del 75% delle esportazioni canadesi. Misure restrittive, quindi, andrebbero a danneggiare anche il mercato energetico americano.
L’insediamento del Presidente Trump averrà il prossimo gennaio, tuttavia, non è difficile immaginarsi che emergeranno problemi e dispute se le misure protezionistiche tanto conclamate entreranno in vigore.
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L'Autore
Elisa Modonutti
Studentessa di Scienze internazionali e diplomatiche, amante della lettura, dei viaggi e con una curiosità innata di scoprire il mondo che ci circonda
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