Xi Jinping è al suo terzo mandato. E poi?

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  Redazione
  02 November 2022
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A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale

Attraverso una modifica del dettato costituzionale, approvata all’unanimità dall’assemblea generale di circa mille delegati, il Leader cinese, Xi Jinping, si è fatto eleggere ultimamente al suo terzo mandato alla guida del Paese. Questo sviluppo segna formalmente un brusco cambio di rotta rispetto alle norme elettive varate da Mao Tse Dong intese a limitare il potere di un singolo leader e sistematizzare al meglio possibile il processo di successione alla leadership nazionale.

Bisognava recuperare un certo senso di prevedibilità nel modo in cui i futuri leader sarebbero stati scelti e installati nell’ambito di un criterio più selettivo. La Cina entra ora in un periodo di pronunciata incertezza, guidata dal probabile dominio a tempo indeterminato di un leader di ideologia autoritaria. Tuttavia, guardando verso il futuro, sotto certi aspetti, non è detto che questa sia obbligatoriamente la soluzione peggiore.

Le domande sono diverse.

Anche supponendo che Xi abbia intenzione di dimettersi ad un certo punto di questo terzo mandato, cosa accadrebbe se morisse inaspettatamente o soffrisse di una grave complicazione di salute che lo lasciasse incapace di esercitare il suo incarico ? Quanto bene funzionerebbe il sistema qualora arrivasse il momento di scegliere un suo sostituto? E che impatto avrebbe la sua scomparsa sull'economia nazionale e globale?

Al momento attuale la prospettiva di una sfida alla leadership o di un colpo di stato appare del tutto remota a causa della vastità degli problematiche a carattere logistico-organizzativo e dei pericoli politici. I sistemi e i leader autoritari appaiono sempre solidi quando sono visti dall'esterno, fino a quando, però, tutto accade improvvisamente. Appare ironico, quindi, che un leader che ha sostenuto il ringiovanimento della Cina Popolare e la sopravvivenza del PCC ora metta in pericolo entrambi. A questo proposito, però, Xi non è l’unico.

Xi è solo l'ultimo di una lunga serie di governanti che – attraverso la storia, la geografia e il tipo di regime – hanno ceduto alle tentazioni del possedere il potere assoluto e della sua influenza corruttrice sulla mente umana. Tuttavia, le conseguenze di questa tragedia – imminente o potenziale che sia – non possono essere ignorate o minimizzate, specie se vengono riferite alla Cina, ovvero la seconda economia più grande, che mantiene il più grande esercito del mondo e possiede una temibile forza di armi nucleari.

Xi ha già dimostrato come semplici errori di calcolo nella politica economica interna possono spazzare via miliardi di ricchezza nazionale. Sebbene dimostri ancora razionalità nei suoi sforzi per unire Taiwan al territorio nazionale, non si può guardare alla catastrofica invasione dell'Ucraina da parte del presidente russo Vladimir Putin e non preoccuparsi che Xi un giorno faccia un errore di calcolo simile a questo. Uno dei demeriti e fragilità di tutte le autocrazie sta nel fatto che il suo leader può malgovernare per un lungo periodo di tempo rimanendo sicuro al potere.

Succederà anche un quarto mandato?

Xi ha già raggiunto il suo terzo mandato, ma raggiungere anche un quarto e poi un quinto sarà altamente improbabile, data la traiettoria negativa dell'economia del paese?

Non si può escludere la possibilità che Xi sia costretto a lasciare il potere o persuaso a dimettersi. Ma un sistema marxista-leninista, come quello cinese, è un tipo particolare di regime autoritario, che garantisce ai leader in carica un grado significativo di potere sia istituzionale che sull’organigramma del partito dominante. Di conseguenza, la prospettiva di estromettere XI attraverso un processo istituzionale o attraverso un atto di violenza sarà ragionevolmente improbabile.

Il successore di XI

Un futuro premier procederà seguendo la stessa prassi di XI. Questi individui lavoreranno all'interno di un consenso politico e di una struttura sempre più orientata alle preferenze politico-programmatiche già assunte da Xi. Insomma, la filosofia di governance e l'agenda politica di Xi fungeranno da stella polare per i successori.

Possiamo ipotizzare che numerosi dirigenti dell’economia cinese potrebbero cambiare radicalmente le ristrettezze attualmente imposte alla società a causa della rovinosa politica "zero COVID", così come molti altri “apparatcik” del Ministero degli Esteri saranno più sensibili al danno che la stretta e duratura relazione di Xi con il leader russo Putin sta arrecando alla reputazione della Cina in ambito internazionale.

TEST DELLA PERSONALITÀ

Una domanda chiave a cui il congresso avrebbe dovuto rispondere è quanto la dittatura di Xi sarà personalizzata o addirittura mitizzata. Finora, nessuno sta ancora rendendo omaggio a Xi in forma di semidio, come molti cinesi comuni hanno fatto nei confronti di Mao Tse Dong. Era, fino a poco tempo fa, una verità consolidata nella storiografia formale del PCC che le trappole del potere assoluto sotto Mao avevano quasi portato il paese alla rovina economica.

Questo, tuttavia, non rende Xi un nuovo Mao. Gli uomini sono fortemente diversi per temperamento, prospettiva e stile. Ma le patologie di governo uniche del sistema del PCC hanno manifestato entrambe tutti i segni del potere privo di sistemi di controllo. È spiacevole contemplare il sistema politico cinese che si muove in questa direzione. Molti sperano ancora che Xi abbia solo bisogno di consolidare un po' più il proprio potere per far passare finalmente le riforme tanto necessarie. Altri aspettano che alti funzionari o quadri in pensione intervengano finalmente e pongano dei limiti intorno a Xi.

Ma questa non è la Cina degli anni 1980, 1990 o primi anni 2000. I vecchi modi di concettualizzare la politica cinese non prevalgono più. Le fazioni opposte non limiteranno Xi.

Nel corso di quest’ultimo congresso nazionale i cosiddetti riformatori non si sono né visti né sentiti.

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