ASIA CENTRALE ANALISI- SICUREZZA TERRITORIALE ED ENERGETICA

  Focus - Allegati
  27 February 2021
  16 minutes, 22 seconds


A cura di Alessandra Fiorani

- Quali sono le cause e le ragioni di conflittualità all’interno della regione?

Con il termine Asia Centrale ci si riferisce all’area che racchiude i seguenti cinque Paesi: Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan. La regione è caratterizzata da una eterogeneità etnica, culturale, geografica. In particolare i confini tra questi Stati vennero delimitati politicamente nel 1920, durante il regime sovietico, così facendo non si tenne in considerazione delle minoranze e delle tradizioni, il che ha causato e causa tutt’ora numerosi conflitti interni agli stessi stato-nazione ed esterni, tra Stati. Alcuni esempi di conflittualità si concentrano su motivazioni etniche (per esempio la questione degli Uiguri), altre aree invece sono interessate da conflitti di frontiera e di confine (come quello uzbeko-kazako).

Nella presente analisi si porrà l’accento su tre settori d’indagine specifici: i conflitti etnici; il problema della dislocazione geografica e la questione geopolitica delle rotte energetiche.

ETEROGENEITA’ ETNICA

I leader sovietici negli anni ‘20 hanno posto, in maniera arbitraria, i confini amministrativi in Asia centrale, per cui i limiti tra i cinque Paesi sono stati definiti con scarsa considerazione della composizione etnica, culturale e geografica. Ciò che si è immediatamente verificato è la separazione di alcuni gruppi etnici con forti legami, per cui la stessa popolazione di una stessa etnia si è ritrovata separata in Stati diversi, con assenza di riconoscimento della legittimità e conseguente conflittualità tra minoranza e popolazione nazionale, dal momento che le identità nazionali dei singoli Paesi non hanno costituito un forte riferimento per le popolazioni o quantomeno della maggioranza di ciascuna popolazione.

Le principali minoranze dell’Asia Centrale sono:

- minoranze tagike sono presenti in Uzbekistan;

- minoranze uzbeke, in Tagikistan e Kirghizistan;

- minoranze kirghize e tagike in Uzbekistan, in particolare nella Valle di Ferghana.

Taluni conflitti di frontiera si sono protratti nel tempo, come quello uzbeko-kazako e quello per la Valle di Ferghana, costituendo elemento di ostacolo al regolare sviluppo del commercio tra i tre Paesi interessati (Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan). Altri hanno segnato la storia di quest’area, come gli scontri etnici tra uzbeki e kirghizi del 1990.

Altra caratterizzazione dei Paesi in esame è l’identità sub-nazionale o regionale, Le popolazioni in questione inoltre presentano anche una tradizione storica diversa, si distinguono come segue:

- i kazaki, i turkmeni e i kirghizi, di origine nomade, sono turcofoni;

- anche gli uzbeki sono turcofoni, di origine nomade ma da secoli stanziali; la loro cultura è stata influenzata dalla tradizione persiana.

A completare il quadro etnico multifattoriale subentra anche l’elemento religioso. Nella regione è possibile riscontrare una forte presenza islamica, minoranze cristiano-ortodosse (Chiesa ortodossa russa) e minoranze di religioni "taoiche" (tipiche dell’Asia Orientale).

Percentuale di musulmani per Paese:

• Tagikistan   96,7% della popolazione;

• Turkmenistan   89%

• Uzbekistan   88%

• Kirghizistan   87,6%

• Kazakistan   70,2%

Il risveglio islamico in Asia Centrale costituisce uno dei fenomeni storici più importanti degli ultimi decenni, e simboleggia la rinascita dell’identità islamica in Asia Centrale dopo un lungo periodo di oppressione sovietica. La particolare visione dell’Islam centro-asiatica ha sollevato, tra i cinque Paesi, il problema del terrorismo radicale di matrice islamica.

Dopo l’11 settembre infatti, il problema del radicalismo è stato un fattore allarmante- complice anche la vicinanza dell’Afghanistan.

1.1 UZBEKI E KIRGHIZI- SCONTRI DEL 2010

Gli Uzbeki costituiscono il 15% dei 5,5 milioni di abitanti del Kirghizistan, ma nel sud dove storicamente vi è la loro concentrazione maggiore, essi risultano essere la maggioranza. La fertile valle di Fergana fu divisa da Stalin tra Uzbekistan, Kyrgyzstan e Tajikistan, questi nuovi confini accesero le tensioni etniche.

Nel 2010 si sono verificati quelli che sono stati definiti come i peggiori scontri tra i due gruppi: le sommosse del 2010. La maggioranza kirghisa ha compiuto almeno 200 omicidi e quasi 400.000 uzbeki sono dovuti fuggire dalle loro case, di cui solo 100.000 sono riusciti a passare il confine con l’Uzbekistan prima che venisse chiuso.

Reuters ha riportato 187 morti (quasi tutti uzbeki), 2.000 feriti e circa 100.000 profughi che sono scappati in Uzbekistan.

Nel corso del 2010, inoltre, proprio la gestione delle risorse idriche ed energetiche ha fomentato rapporti conflittuali tra Uzbekistan e Kirghizistan e Tagikistan e il terrorismo islamico che affligge l’intera regione occupata da questi Paesi ha creato problemi soprattutto in Tagikistan.

La tensione etnica che sussiste tra i vari popoli non va sottovalutata: ha scatenato pesantissimi scontri tra uzbeki e kirghizi nel sud del Kirghizistan, scatenando un afflusso di massa di profughi uzbeki verso l’Uzbekistan e un inasprimento delle relazioni tra i due paesi.

Il forte senso di nazionalità di ciascun Paese e i problemi legati alle risorse sono un forte ostacolo alla formazione del consenso necessario ad una maggiore integrazione regionale, che tuttavia gioverebbe a tutti i paesi della regione. Al momento non sussistono i presupposti per una collaborazione e al contrario, sussistono alcuni rischi per la stabilità dell’area. Nel 2011 per cercare di rimediare alle sommosse tra uzbeki e kirghizi era nato il tentativo di collaborazione internazionale, sotto la supervisione di UN, EU, e USA:

l’Iniziativa Comunitaria di Sicurezza (CSI). Il progetto mirava ad aiutare la polizia del Kirghizistan nelle loro attività, nel trattare la situazione della sicurezza a seguito degli scontri del 2010 nel Sud Kirghizistan. Il progetto però non ha portato ad una maggiore cooperazione nell’area, ed è rimasto confinato alla polizia del Kirghizistan. Nel 2014 il governo kirghizo ha deciso di terminare il tentativo di collaborazione.

2. LA DISLOCAZIONE GEOGRAFICA DELL’AREA

“La dislocazione geografica dei vari Paesi costituisce un altro elemento del variegato quadro dell’area in esame, nella considerazione che:

- per quanto si riferisce alle risorse, nella metà occidentale dell’Asia Centrale (Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan) si individuano i principali giacimenti di gas naturale e petrolio; mentre le risorse idriche (scarse nei tre Paesi indicati) provengono per la maggior parte dalle alte terre del Kirghizistan e del Tagikistan.”1

La precedente citazione introduce e individua due elementi che caratterizzano la geografia dell’Asia Centrale: i giacimenti di gas naturale e petroli e l’acqua. Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan sono ricchi di giacimenti di idrocarburi e petrolio, ma poveri di risorse idriche; al contrario bacini idrici sono invece presenti in Kirghizistan e Tagikistan. Questo ci riporta una distribuzione non uniforme delle risorse idriche ed energetiche. I paesi dell'Asia centrale sono fortemente interdipendenti tra loro, dato che sono interconnessi da più fiumi transfrontalieri, tra cui l'Amu Darya e il Syr Darya che scorre nel bacino del lago d'Aral che collega tutti e cinque i paesi (ricordiamo inoltre che solo il Turkmenistan ha l’accesso al Mar Caspio). Per questo l’acqua diventa un fattore di conflittualità, nello specifico nella Valle di Fergana con l’area Khorez, in prossimità del Lago d’Aral.

Quali sono gli elementi di conflittualità legati all’acqua? La condivisione di acqua dal Syr Darya e dall'Amu Darya nel bacino del lago d'Aral. Il disastro del Lago d'Aral ha messo in luce un quadro complesso del fabbisogno idrico e del potenziale conflitto politico. Il rapido aumento della popolazione e gli impatti dei cambiamenti climatici.

Rispetto la gestione delle risorse idriche e la condivisione di queste, la conflittualità centrale si è verificata contesto della disgregazione dell'Unione Sovietica. Con l’URSS era stato creato un unico quadro istituzionale regionale, che comprendeva accordi di assegnazione dell'acqua controllati a livello centrale sostenuti da un'ambiziosa infrastruttura idrica.

Nel contesto di un'improvvisa indipendenza i governi dell'Asia centrale decisero istituire una serie di istituzioni regionali per deputati della gestione delle risorse. Nel febbraio 1992, i ministri dell'Acqua di tutti e cinque i governi dell'Asia centrale firmarono l'Accordo di Almaty ('Accordo sulla cooperazione in materia di gestione, utilizzo e protezione congiunta delle fonti interstatali di risorse idriche') che ha fondato la Commissione interstatale per il coordinamento delle acque (ICWC) in cui gli Stati membri hanno da allora negoziato l'assegnazione delle risorse idriche. A partire dagli anni 2000 però i loro intenti di collaborazione sono venuti sempre meno, in favore invece degli interessi nazionali. Nel 2009 i cinque Stati erano arrivati ad una soluzione di compromesso che prevedeva una necessità di riformare le organizzazioni deputate alla gestione delle risorse idriche. L’intento riformista è stato però bloccato dal governo uzbeko che non si mostrò fiducioso. Nel 2016 anche il governo del Kirghizistan annuncia che non avrebbe continuato nella collaborazione. I progressi in materia di cooperazione rispetto la questione idrica sono rimasti così limitati per via dei singoli interessi nazionali che si vanno ad intrecciare con la mancanza di fiducia tra Stati: in particolare, il malfunzionamento istituzioni di gestione, unita alla mancanza di coerenza delle politiche intersettoriali, alla mancanza di incentivi per un comportamento proattivo di risoluzione dei problemi e un'elevata contrarietà ai rischi iniziative politiche per una cooperazione più forte.

Uno dei bacini idrogeologico della regione al centro della competizione idrica è il Lago d’Aral.

I principali problemi legati a questo bacino idrico sono essenzialmente due: la sua posizione e il ritirarsi della sua capacità.

Il suddetto lago è attraversato dal confine tra il Kazakistan e l’Uzbekistan, inoltre molti dei suoi affluenti si riversano nei territori del Turkmenistan. Dall’analisi del contesto geografico si può dedurre come l’Uzbekistan, il Kazakistan e il Tagikistan abbiano un ruolo chiave nell’utilizzo delle risorse idriche nella regione in esame. Tra i principali affluenti vi sono: il Amu Darya e Syr Darya. Entrambi i fiumi attraversano i tre Stati già citati, ma di questi il Kazakistan è il Paese centro-asiatico che ha il maggior controllo.

Altro problema del Lago è il ritirarsi delle sue acque. Nel corso della storia questo bacino era noto per una notevole disponibilità d’acqua, ma dato che è stato fortemente sovra sfruttato, a causa di un sistema agricolo intensivo che ha prediletto la coltura del cotone nel periodo e che ha fatto affidamento ad una rete di canali, ad oggi la sua superfice si è ridotta del 75%.

Tra i Paesi che sfruttano le sue risorse idriche, attualmente solo il Kazakistan ha cercato di rimediare al ritiro delle acque, Uzbekistan e Tagikistan invece preferiscono continuare a sfruttare i canali artificiali per la coltivazione del cotone. Altro motivo per cui questi due Paesi non sembrano interessati al ripristino del bacino idrico è che i terreni che le acque del lago hanno scoperto ritirandosi si sono rivelati ricchissimi giacimenti di gas naturale, da cui ricavano molti più profitti. Un ritorno dell’acqua, in particolare sulla riva uzbeka, renderebbe impossibile l’estrazione degli idrocarburi. Ad aggravare la situazione del lago hanno contribuito anche i recenti cambiamenti climatici.

3. GEOPOLITICA DELLE ROTTE ENERGETICHE

Il petrolio è la fonte energetica attualmente più utilizzata nel mondo ed è destinato a mantenere una primaria importanza, anche se non è da sottovalutare l’importanza dei gas naturali come fonte energetica più pulita e meno costosa. Attorno a queste considerazioni si è sviluppata una vera e propria corsa, o meglio, competizione energetica, in cui diversi attori internazionali cercano di assicurarsi delle scorte di gas e idrocarburi. L’importanza della questione energetica sta interessando il quadro delle strategie geopolitiche, creando una branca della disciplina geopolitica che si pone l’obiettivo di identificare le regioni che hanno una posizione strategica nella competizione energetica. Questa corsa alla scoperta e assicurazione di nuovi giacimenti energetici interessa sia l’ambito economico, sia l’equilibrio di sicurezza del sistema internazionale.

Dato l’aumento di richieste di energia, assume grande importanza il tema della sicurezza energetica. Per ottenere un approvvigionamento di risorse sicuro questo deve avere le seguenti caratteristiche:

- essere stabile;

- essere abbandonante;

- avere un prezzo contenuto. 2

Inoltre, la questione della sicurezza energetica interessa: la scarsità della disponibilità delle risorse e il luogo in cui i giacimenti sono collocati; i rischi di interruzione dell’approvvigionamento; i prezzi; e l’uso politico delle risorse energetiche che va a condizionare i rapporti tra Paesi.

Si è già accennato al ruolo dei cinque Stati dell’Asia Centrale nel quadro strategico energetico, in quanto risultano essere ricchi di risorse naturali. La regione dispone di un approvvigionamento di energia primaria di 154 Mtoe (Mega tonnellate equivalenti di petrolio).

Gli Stati di questa regione con la più alta concentrazione di risorse energetiche sono: Kazakistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Il Turkmenistan è il Paese con la più alta disponibilità di risorse nel proprio sottosuolo, si pensi infatti che il solo giacimento di South Yolotan conterrebbe oltre 21 Tcm (trillion cubic meters) di gas naturale. Il secondo Stato dell’area con maggiore concentrazione di risorse è il Kazakistan, con tre principali giacimenti di petrolio e gas naturale: Tengiz, Kashagan e Karachaganak.

La corsa energetica in Asia centrale, quindi non è da sottovalutare, al contrario attira competitors ed attori dal tutto il mondo. Rispetto alla questione di sicurezza energetica appare fondamentale affrontare il tema della competizione economica e politica in quest’area, che incide notevolmente sulle stesse relazioni internazionali.

Uno dei Paesi ad avere una relazione privilegiata con i cinque Stati è di certo la Russia, che per via della sua storica influenza è riuscita ad ottenere l’accesso ad importanti giacimenti.

Proprio al confine tra Russia e Kazakistan, nella regione di Astrakhan, sono presenti alcuni giacimenti che hanno dato vita alla forte collaborazione tra i due attori, infatti il Kazakistan è uno dei maggiori esportatori di energia verso la Russia.

Il Kazakistan, inoltre si trova in una posizione strategica per cui attira investitori sia di nazionalità russa che cinese. La Cina si configura come possibile avversario che si contrappone all’interesse russo nella regione. I decisori politici kazaki hanno cercato di mantenere rapporti stabili e cooperativi sia con i russi, rispetto ai quali l’integrazione economica e culturale è tuttora molto forte, sia con i cinesi, per differenziare i mercati finali e più in generale le relazioni politico- economiche. La posizione equilibrata dei decisori politici kazaki ha anche consentito di coinvolgere diverse multinazionali occidentali nelle attività di esplorazione e produzione, tra cui: gli olandesi (Shell) e gli Stati Uniti (Exxon, Chevron), anche la Russia e l’Italia (Eni), poi ci sono Francia e Giappone. Resta comunque ai russi (Gazprom) la quasi totalità delle esportazioni di gas dal Kazakistan.

Rispetto al Kazakistan è significativo l’incremento delle relazioni con l’Italia, grazie agli investimenti che Eni ha effettuato sul suolo kazako fin dagli anni ’90, e che nel 2012 hanno assunto un ruolo strategico. Eni, infatti, fin dal 2013 detiene delle quote di sfruttamento dei giacimenti: Kashagan (petrolio) e Karachaganak (gas naturale).

Se il Kazakistan si è rivelato un prezioso alleato russo, lo Stato che invece ha scelto di differenziarsi rispetto alla strategia energetica russa è il Turkmenistan. I decisori turkmeni hanno scelto di differenziare i mercati finali, per evitare di sottostare alle condizioni di un unico investitore. Hanno, per esempio, consolidato le esportazioni verso l’Iran e costruito il gasdotto Korpezhe-Kurt Kui evitando di passare su territori russi.

In quest’ottica di diminuire la dipendenza dalla Russia, hanno trovato terreno fertile le strategie di infiltrazione europea, da cui è nato il progetto del Nabucco. Il Nabucco si sostanzia per essere un gasdotto che dalle fonti energetiche dell’Asia Centrale e dal mar Caspio si dirige in Europa, aggirando però i territori russi e attraversando quelli turchi.

Il monopolio nella regione centro-asiatica che storicamente appartiene alla russa Gazprom sembra esser, al giorno d’oggi, minacciato dalla comparsa di nuovi investitori nell’area. Nonostante la presenza di Russia, Iran ed Europa Turkmenistan, il ruolo della Cina nell’area è destinato a crescere. In particolare l’interesse cinese dal 2010 ha riguardato i giacimenti di gas presenti in Turkmenistan e Uzbekistan (esempio progetto di gasdotto turkmeno-cinese). La politica cinese in Asia Centrale, erode le possibilità della Russia e abbassa le quote di risorse disponibili. Ma per gli Stati di questa regione la possibilità di instaurare partnership con la Cina ha comportato l’occasione per ridurre il monopolio della Russia.

Per questo è alquanto esplicito il caso della Cooperazione regionale che ha condotto alla creazione del gasdotto Asia Centrale-Cina (CACGP). La collaborazione tra Paesi dell’area ha fatto sì che dal Turkmenistan si trasferisse il gas attraverso l’Uzbekistan, per poi raggiungere il Kazakistan fino al confine con la Cina. Questa riuscita cooperazione ha anche incrementato gli investimenti per la costruzione di infrastrutture e collegamenti tra le varie regioni, che nella maggior parte dei casi risultavano ancora esser edificate nel periodo sovietico, quindi oggetto di usura. Il progetto per la creazione del citato gasdotto si è concluso recentemente, e l’ultimo semestre del 2020 ha visto la Central Asia–China gas pipeline finalmente in funzione.

Alla luce del contesto enunciato: quali sono le politiche nazionali per garantire la sicurezza energetica? “la diversificazione delle rotte energetiche d'esportazione e lo sviluppo autonomo delle risorse esistenti (petrolio, gas naturale ed acqua)” si configurano come le principali linee da seguire per far sì che i cinque Stati centro-asiatici si distacchino dall’influenza russa e per consolidare una propria autonomica politica, economica e geopolitica.

Rispetto all’acqua come fattore di conflittualità si suggerisce di conseguire una politica di cooperazione regionale e su una collaborazione improntata al raggiungimento di comuni obiettivi; inoltre stipulare un programma di investimenti e standard (di utilizzo delle risorse idriche e dei canali) per risolvere il problema del ridursi del bacino d’Aral.

3.1 QUALI POSSIBILITA’ PER L’EUROPA IN ASIA CENTRALE?

“L'azione proposta "Sostegno dell'UE alla connettività energetica sostenibile nell'Asia centrale" (SECCA) si basa sul programma INOGATE, sul programma per l'energia sostenibile dell'Asia centrale e, più recentemente, sul programma EU4Energy. SECCA è guidata non solo dal programma indicativo pluriennale dell'Asia centrale e dal suo settore focale "Sviluppo sostenibile regionale", ma anche dalla comunicazione congiunta "Collegare l'Europa e l'Asia: elementi costitutivi di una strategia dell'UE" (2018), nonché dalla comunicazione congiunta su "L'UE e l'Asia centrale: nuove opportunità per un partenariato più forte" (2019). Alcune delle sfide persistenti della regione sono la mancanza di capacità e know-how di efficienza/risparmio energetico, il limitato rendimento energetico e la governance da parte dei settori economici, i limiti energetici al di sotto dei costi di recupero, le sfide nelle politiche ambientali e inclusivo di genere, i moderni quadri legislativi/normativi/tecnici e la mancanza di connessione tra i mercati dell'energia dell'Asia centrale. In linea con i suddetti documenti quadro strategici, gli insegnamenti tratti dai programmi precedenti e le sfide persistenti, l'obiettivo generale è promuovere un mix energetico più sostenibile nella regione dell'Asia centrale in linea con le migliori pratiche dell'UE. In particolare, il programma si baserà attraverso una serie di attività per ottenere risultati concreti per rafforzare la capacità pubblica (istituzionale, umana e normativa, finanziaria), sensibilizzare, migliorare i dati e la modellazione, migliorare l'identificazione dei progetti bancabili e promuovere la cooperazione regionale, creando infine le condizioni per la connettività.”

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:

• ISPSW Strategy Series: Focus on Defense and International Security; An Introduction to the Geopolitics of Central Asia; Oliver Corff; Giugno 2020.

• Senato della Repubblica- XV legislatura – Serivzio Studi – Servizio Affari Internazionali; A cura del Centro Studi Internazionali (Ce.S.I.); Dossier: L'Asia centrale ex sovietica, Contributi di Istituti di ricerca specializzati

n. 45 Maggio 2006.

• INTERNATIONAL STRATEGIC RESEARCH INSTITUTE; THE FRIEDRICH-EBERT-STIFTUNG IN THE KYRGYZ REPUBLIC; PROBLEMS OF CENTRAL ASIA; 2004.

• Action Document for "EU Support to Sustainable Energy Connectivity in Central Asia" ; European Union; ANNEX of the Commission Implementing Decision on the financing of the annual action Programme in favour of Central Asia for 2020.

• Overseas Development Institute; Briefing Paper; May 2007; Central Asia: Governance, geopolitics and development challenges.

• (fonte La partita Euroasiatica)

• CAREC; ENERGY STRATEGY 2030: Common Borders. Common Solutions. Common Energy Future;

November 2019

• Istituto Affari Internazionali- Osservatorio di Politica Internazionale; Politica europea dell'energia: il Corridoio Sud; n. 56 - giugno 2012; a cura di Nicolò Sartori.

• Swiss Agency for Development and Cooperation (SDC); RETHINKING WATER IN CENTRAL ASIA: The costs of inaction and benefits of water cooperation; 2017.

• WATER EDITORIAL; The Future of Water Management in Central Asia; Ronny Berndtsson (Division of Water Resources Engineering, Lund University) & Tussupova Kamshat (Sweden Center for Middle Eastern Studies Lund University); Agosto 2020. https://www.mdpi.com/journal/water

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