Burkina Faso: fulani nel mirino di massacri e rappresaglie

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  Giorgia Milan
  16 May 2025
  3 minutes, 49 seconds

130 civili di etnica fulani sono stati massacrati nel mese di marzo nella regione Boucle du Mouhoun da parte dei miliziani filo-governativi, secondo un recente rapporto di Human Rights Watch. Il numero delle vittime è indicativo: potrebbero essere molti di più.

Sono mesi ormai che Human Rights Watch segue la situazione dei diritti umani in Burkina Faso. Il mese scorso, ad aprile, ha intervistato alcuni testimoni degli attacchi, giornalisti, e ha esaminato alcuni video chiave, in modo tale da avere un quadro il più completo possibile riguardo la critica situazione nel paese.

Qual è la situazione in Burkina Faso?

È una crisi dimenticata quella del Burkina Faso. Circa il 40% del paese è sotto il controllo di gruppi collegati ad Al-Qaeda e allo stato Islamico. Il controllo dei gruppi jihadisti del paese non è dunque esclusivo, le milizie governative sono presenti

Nel 2022 sono stati due i colpi di stato, sintomatici di una grave crisi politica. Nel gennaio 2022 il presidente Roch Kaboré è stato deposto dai militari, a sua volta rovesciato nel settembre 2022 da un altro gruppo militare, che ha portato al potere Ibrahim Traorè (attualmente al comando).

Ed è proprio il capitano Traorè che continua a giustificare le violenze che si susseguono nel paese come una guerra contro il terrorismo, senza però riconoscere lo stampo etnico di queste violenze.

Il diritto internazionale umanitario proibisce attacchi ai civili, esecuzioni sommarie, saccheggi e abusi. Questo vale per tutte le parti coinvolte nel conflitto del paese, dalle milizie governative a quelle jihadiste.

Chi sono i Fulani e perché il governo li ha presi di mira?

L’etnia dei Fulani è una delle più popolose dell’Africa Occidentale. Principalmente composta da pastori e nomadi, l’etnia dei Fulani è stata più volte accusata dalle milizie filogovernative di collaborare con le milizie dello stato islamico. Da qui originano i massacri.

È vero, alcuni fulani sono stati arruolati nei gruppi jihadisti, questi hanno infatti concentrato gran parte dei loro sforzi nel reclutamento dei fulani.

Tuttavia, la maggior parte di essi non ha alcun legame con i gruppi armati. Alla base, dunque, di questi attacchi vi è un preconcetto etnico che vede questa etnia parte integrante del jihadismo. Una sorta di giustificazione ideologica per le violenze che continuano a ripetersi senza sosta nel paese.

I massacri sono avvenuti nel contesto dell’operazione “Vortice Verde 2”, una campagna condotta dalle forze speciali burkinabé (forze governative del Burkina Faso), inaugurata il 27 febbraio 2025. I fulani sono vittime di abusi provenienti da un doppio fronte: da un lato l’esercito e le milizie governative, dall’altro lato i gruppi armati islamisti, che colpiscono i fulani che rifiutano di collaborare o vengono sospettati di aiutare il governo.

Ciò che aggrava tutte queste violenze è la presenza di milizie di autodifesa, come i Koglweogo o i Volontari per la Difesa della Patria (VDP), spesso armate e sostenute dallo stesso governo militare. Questi gruppi, nati come difesa locale contro i jihadisti, sono diventati strumenti di repressione etnica con pochissimi controlli.

Si potrebbe parlare di pulizia etnica silenziosa. Villaggi interamente fulani sono stati svuotati e i superstiti fuggiti nei campi profughi interni, dove le condizioni sono drammatiche. Molti leader locali fulani denunciano che l’obiettivo sembra essere quello di spezzare l’identità culturale e la presenza territoriale della comunità.

Un testimone, infatti, racconta di come tra i 7 e l’8 marzo le milizie governative hanno iniziato a dare la caccia ai fulani nel villaggio di Lahirasso, hanno sparato ovunque e disperso il loro bestiame, costringendoli alla fuga. Restare significava morire.

Tra il 14 marzo e il 22 aprile 2025 Human Rights Watch ha intervistato 27 testimoni di questi attacchi, 2 membri delle milizie e 4 giornalisti. Quanto emerso è raccapricciante.

Le forze governative sparavano in aria, facendo fuggire gli abitanti dei villaggi in modo tale da poterli poi bloccare e intrappolare nei boschi. A questo punto iniziava il massacro: donne, bambini e anziani principalmente.

I Fulani continuano a pagare il prezzo di un’identità diventata bersaglio. Nel silenzio assordante della comunità internazionale, il Burkina Faso rischia di trasformare la lotta al terrorismo in una guerra contro sè stesso. E mentre i villaggi bruciano e le voci delle vittime si spengono, resta una domanda senza risposta: chi protegge chi non ha più nessuno a difenderlo?

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L'Autore

Giorgia Milan

Giorgia Milan, classe 1998, ha conseguito una laurea triennale in “scienze politiche, relazioni internazionali e governo delle amministrazioni”, con una tesi riguardo la condizione femminile in Afghanistan, e successivamente una laurea magistrale in “Human rights and multi-level governance”, con una tesi riguardo la condizione delle donne rifugiate nel contesto dell’attuale guerra Russo-Ucraina, il tutto presso l’Università degli studi di Padova.

I suoi interessi principali sono i diritti umani, in particolare i diritti delle donne. È proprio il forte interesse per questi temi che l’ha spinta a intraprendere un tirocinio universitario presso il Centro Donna di Padova, durante il quale ha avuto la possibilità di approcciarsi al mondo della scrittura e della creazione di contenuti riguardanti la violenza di genere e le discriminazioni.

In Mondo Internazionale Post Giorgia Milan è un'autrice per l'area tematica di Diritti Umani.

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