I colloqui di pace di Istanbul: un passo incerto verso la risoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina

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  Eleonora Tirolese
  19 May 2025
  3 minutes, 43 seconds

Il 15 maggio 2025 si è aperta a Istanbul una nuova fase di negoziati tra Russia e Ucraina, i primi dall’inizio dell’invasione su vasta scala lanciata da Mosca nel febbraio 2022. La scelta della Turchia come sede delle trattative non è casuale: Ankara, che ha mantenuto rapporti relativamente equilibrati con entrambe le parti, si è proposta fin dall’inizio del conflitto come mediatore neutrale.

Tuttavia, quella che si era presentata come un’occasione storica per avviare un concreto processo di pace si è rapidamente trasformata in una deludente farsa diplomatica. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, giunto ad Ankara e accolto dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, aveva espresso pubblicamente il desiderio di un confronto diretto con Vladimir Putin. Quest’ultimo, tuttavia, ha scelto di non recarsi in Turchia, sollevando dubbi circa la reale disponibilità del Cremlino a un dialogo autentico.

Spinto dagli Stati Uniti a non abbandonare l’iniziativa diplomatica, Zelensky ha comunque autorizzato l’invio di una delegazione ufficiale a Istanbul, guidata dal ministro della Difesa Rustem Umerov. Al contrario, la controparte russa si è presentata con una delegazione priva di figure politiche di vertice: il gruppo era guidato dal consigliere presidenziale Vladimir Medinsky e comprendeva il viceministro della Difesa, il viceministro degli Esteri e il capo dell’intelligence militare.

Zelensky ha definito questa scelta come una manovra ingannevole, sottolineando come Mosca continui a non riconoscerlo come interlocutore legittimo.

L’incontro ha messo in luce profonde divergenze tra le parti. Kiev ha manifestato apertura verso un congelamento delle linee del fronte e una possibile rinuncia formale all’ingresso nella NATO, a condizione di ottenere garanzie di sicurezza credibili, incluso un rafforzamento del sostegno militare ed economico da parte dell’Occidente.

Mosca, invece, continua a rivendicare la legittimità dell’annessione delle quattro regioni ucraine occupate nel 2022 — Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhia — esigendo da Kiev una rinuncia formale a ogni rivendicazione su tali territori. Inoltre, avanza richieste quali la “smilitarizzazione” e la “denazificazione” dell’Ucraina, termini volutamente vaghi che sembrerebbero celare l’intento di imporre una condizione di subordinazione politica e militare.

Tali richieste lasciano trasparire l’obiettivo russo di protrarre il conflitto, consolidare i propri guadagni territoriali e condurre l’Ucraina a una pace imposta.

Un ulteriore elemento di tensione è rappresentato dalla figura di Donald Trump. Secondo fonti russe, Putin avrebbe evitato un confronto diretto con Zelensky per non compromettere la propria immagine pubblica, ma avrebbe invece manifestato disponibilità a un dialogo personale con il presidente degli Stati Uniti. Trump, intervenuto pubblicamente, ha dichiarato che nulla potrà accadere fino a quando non incontrerà personalmente Putin, ipotizzando un vertice bilaterale al di fuori del processo negoziale in corso.

Nel frattempo, il Cremlino continua a mantenere il massimo riserbo sugli obiettivi strategici perseguiti. Il rifiuto di Putin di prendere parte ai colloqui, insieme alla mancata legittimazione formale di Zelensky come interlocutore, si inserisce in una più ampia strategia volta a delegittimare l’Ucraina sul piano internazionale.

Pertanto, malgrado le aspettative iniziali, la diplomazia appare oggi paralizzata da profonde divergenze e da un clima di diffidenza reciproca. Il presidente Erdoğan ha definito i colloqui una potenziale svolta storica, ma la realtà offre un quadro ben diverso: la brevità dell’incontro e l’assenza di risultati tangibili rafforzano la percezione che Mosca non sia realmente intenzionata a porre fine al conflitto. La proposta di un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni, avanzata da Zelensky e sostenuta dagli Stati Uniti, è stata infatti respinta con fermezza dalla Russia, confermando la volontà di proseguire l’azione militare.

Secondo numerosi analisti, la strategia russa mira a logorare progressivamente la resistenza ucraina, sfruttando eventuali divisioni all’interno del fronte occidentale. Kiev, dal canto suo, continua a fare affidamento sul sostegno internazionale per garantire la propria sopravvivenza e difendere la sovranità nazionale

In definitiva, i colloqui di Istanbul, pur rappresentando un primo e simbolico tentativo di dialogo, appaiono oggi come un passo fragile e privo di fondamenta solide. 

Senza un autentico impegno politico da entrambe le parti, la diplomazia rischia di ridursi a mera apparenza, mentre sul campo il conflitto prosegue, aggravando le tensioni regionali e mettendo in pericolo la sicurezza europea.

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