A cura del Dott. Pierpaolo Piras, Specialista in Otorinolaringoiatria e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS
La principessa del Galles ha annunciato all'inizio dello scorso anno di avere una neoplasia maligna. I maggiori organi di stampa hanno riferito che i suoi medici hanno refertato che era in una fase di “remissione”. Il calvario vissuto da Kate Middleton e trasmesso urbi et orbi dai media ha fatto luce sulla triste situazione di innumerevoli pazienti che, come lei, stanno lottando contro questa terribile malattia.
Dopo l’intervento chirurgico, nel settembre 2024, gli stessi medici curanti hanno annunciato di aver completato il ciclo di chemioterapia “preventiva”.
Come può la chemioterapia avere questo effetto “preventivo”?
Nel contesto della gestione delle neoplasie maligne, la “chemioterapia preventiva” consiste nella somministrazione di farmaci antitumorali al termine del primo ciclo terapeutico (chirurgico oppure no).
L’obiettivo principale è quello di impedire che la malattia si ripresenti clinicamente.
Quando una neoplasia è descritta nei referti come “localizzata”, allorché presenta i propri confini limitatamente ad una determinata regione anatomica dell’organismo. Inoltre, quando l'imaging radiografico (nelle sue diverse espressioni) non ha evidenziato alcuna sua diffusione in altre sedi anatomiche. In tali condizioni è possibile praticare la terapia specifica tramite trattamenti come l’intervento chirurgico e/o radioterapia, in forma isolata oppure in diversa combinazione tra di loro.
D’altra parte, se la malattia viene rilevata in seguito alla sua diffusione (metastasi) in altre parti del corpo, gli oncologi adottano trattamenti capaci di esprimere la propria azione terapeutica in tutto l’organismo (sistemici). È questo il caso delle chemioterapie eseguite con una triade di farmaci antitumorali, terapie ormonali e/o immunoterapie.
Le chemioterapie possono essere utilizzate anche con un diverso approccio, il quale prevede la loro somministrazione prima e/o dopo l’intervento chirurgico e/oo la radioterapia.
In questi casi l’intenzione è quindi quella di impedire la ricomparsa del cancro originario (recidiva). Infatti, se l'intervento chirurgico riesce ad eliminare tutte le cellule tumorali, in alcuni casi può anche accadere che alcune cellule neoplastiche siano già passate nella circolazione vascolare generale e si siano pertanto già depositate e riprodotte in altre parti dell’organismo.
La somministrazione della chemioterapia prima e/o dopo l’intervento chirurgico o la radioterapia uccide queste cellule e limita sensibilmente il rischio di recidiva del cancro.
L’efficacia clinica di questo approccio è stata dimostrata attraverso innumerevoli studi clinici, la gran parte dei quali è consultabile nelle più affermate riviste scientifiche.
Il tasso di recidiva e la sopravvivenza dei pazienti sottoposti soltanto a intervento chirurgico sono confrontati con quelli analoghi ottenuti nei pazienti sottoposti a intervento chirurgico e successivamente a chemioterapia.
Quando la chemioterapia viene somministrata dopo l'intervento chirurgico, si utilizza il termine di “chemioterapia adiuvante”.
I risultati hanno mostrato che nel secondo caso i pazienti erano molto meno esposti alla possibilità di recidive e pertanto sopravvivevano più a lungo.
Quanto è efficace la chemioterapia preventiva?
L’efficacia di questa strategia terapeutica è condizionata dalla natura della neoplasia e dal tipo di chemioterapia somministrata.
Nel caso del cancro del colon, considerato ad alto rischio di recidiva dopo l'intervento chirurgico (per la sua estensione o per questa diffusione ai linfonodi), la prima chemioterapia sperimentata ha aumentato del 15% la sopravvivenza a 5 anni.
Nel caso di una somministrazione di chemioterapia più intensiva, le probabilità di sopravvivenza a sei anni si avvicinano all’80%.
Questo tipo di chemioterapia viene generalmente somministrato per tre-sei mesi.
Come funziona la chemioterapia?
Molti farmaci utilizzati nella chemioterapia “preventiva” impediscono alle cellule neoplastiche di moltiplicarsi attaccando il loro DNA (il materiale genetico situato nel nucleo).
Per migliorarne l’efficacia, è possibile combinare diversi farmaci mirandoli verso differenti siti cellulari.
La chemioterapia non è selettiva, nel senso non attacca soltanto le cellule tumorali: essa elimina tutte le cellule in fase di replicazione.
Il tessuto neoplastico, invece, si comporta in maniera anomala in quanto contiene una percentuale superiore di cellule in fase di replicazione più attiva rispetto a quelle sane del resto dell’organismo. La diretta conseguenza è che ad ogni ciclo di chemioterapia viene eliminata una percentuale sempre maggiore di cellule tumorali, rispetto al danno collaterale esercitato sulle cellule sane.
I tessuti normali possono anche “recuperarsi” tra due diversi cicli terapeutici.
Quali sono gli effetti collaterali della chemioterapia?
Gli effetti collaterali della chemioterapia sono generalmente reversibili e si avvertono maggiormente nelle regioni anatomiche dell’organismo laddove le cellule si rinnovano più frequentemente.
La chemioterapia, ad esempio, interrompe la produzione di cellule del sangue. Tuttavia, quando la quantità di globuli bianchi è bassa, aumenta il rischio di contrarre qualche infezione batterica o virale.
La morte delle cellule che compongono la parete dell'intestino provoca lesioni ulcerative a partire dal cavo orale, nausea, vomito e disturbi intestinali vari.
Alcuni farmaci somministrati durante la chemioterapia possono danneggiare anche altri organi, provocando ad esempio una sensazione di intorpidimento delle mani e dei piedi.
La chemioterapia causa anche sintomi generalizzati, come l’affaticamento
Poiché la chemioterapia preventiva viene somministrata dopo che si ritiene che tutte le tracce di cancro sono state ragionevolmente rimosse attraverso un intervento chirurgico locale, i pazienti possono solitamente tornare alle proprie attività entro poche settimane dalla fine dell’ultimo ciclo di trattamento.
La chemioterapia, anche se effettuata con la massima cura e in un ambiente accogliente, è fonte di potenziali effetti avversi. Questa sincera ammissione dimostra che anche le persone più privilegiate non sono immuni dalle conseguenze di questi trattamenti, siano esse riguardanti il corpo e/o la mente.
Le più frequenti espressioni degli ammalati di cancro risaltano sia il sollievo per il fatto di essere in una fase di remissione sia il desiderio di concentrarsi sulla propria guarigione. Riflettono le complesse emozioni provate dalle persone che vivono questo tipo di fragile situazione.
In particolare, il suo riconoscimento del fatto che adattarsi a questa “nuova normalità” richiede tempo è in sintonia con l’esperienza di molti sopravvissuti al cancro.
Il periodo successivo al trattamento è spesso accompagnato non solo dalla necessità di recuperare fisicamente, ma anche di lavorare sull’equilibrio delle proprie emozioni e rivalutare verso il meglio la scala delle priorità personali.
Cosa si intende per “remissione”?
Comprendere il concetto di remissione da parte dei pazienti e di coloro che li circondano è un punto cruciale in tutta la cura delle neoplasie maligne. Anche se è legittimo provare un reale sollievo quando da un medico oncologo viene pronunciata la parola “remissione”, essa non va confusa con la parola “cura” : remissione significa che i sintomi del cancro sono sensibilmente attenuati oppure sono scomparsi secondo gli accertamenti clinici effettuati.
In generale, nella terapia oncologica si utilizza questo termine quando non si rilevano più i sintomi soggettivi e oggettivi della malattia. Tuttavia, ciò non significa che questi non siano più presenti: infatti, le cellule neoplastiche possono ancora indovarsi e persistere all’interno organismo, ma in numero troppo basso per essere rilevabili clinicamente.
Secondo le approvazioni del prestigioso National Cancer Institute , “gli studi statistici stimano che un paziente che ha avuto una neoplasia maligna ha un’elevata probabilità di essere “guarito” allorché, a distanza di cinque anni dalla diagnosi iniziale, ritorna alla stessa aspettativa di vita della “intera popolazione della stessa età e sesso che non hanno avuto il cancro” .
Di conseguenza, a volte accade che il cancro ricompaia (recidiva), anche anni dopo il primo ciclo di diagnosi e cura. Tale evenienza è ben nota a medici e tutti coloro che si stanno adoperando per migliorare gli indici di rilevamento e l’efficacia dei trattamenti clinici.
Oggi, il tasso di guarigione dai tumori è in sensibile aumento.
I progressi ottenuti nella tecnologia medica hanno consentito di migliorare il monitoraggio (follow up) dei pazienti in remissione.
Questo tipo di analisi, più evoluta e sensibile rispetto alle metodiche tradizionalmente utilizzate fino ad un recente passato, permette di attestare con maggiore precisione clinica l'eventuale persistenza della malattia e/o la sua potenziale recidiva.
Tali progressi consentono agli operatori sanitari di adattare con maggiore precisione i trattamenti a ciascun paziente, al fine di migliorare i risultati. In obbedienza alla valutazione del tasso di guarigione e della qualità della vita riscontrate e valutate secondo precisi parametri condivisi dalle società scientifiche durante e dopo il trattamento.
Un’affermazione che probabilmente avrà delle conseguenze
L’ intervento di una figura pubblica di spicco come Katy Middleton ha esercitato sicuramente un'influenza del tutto positiva sulla politica sanitaria pubblica, sui finanziamenti alla ricerca e sull'atteggiamento della società nei confronti di questa terribile malattia. Ad esempio, potrebbe aiutare a normalizzare le discussioni sulla malattia – oggi gravata da una diffusa quanto mirata disinformazione - e a disinibire quelle persone che non osavano consultare il proprio medico anche se alcuni sintomi le preoccupavano.
Se è vero che ogni percorso terapeutico è unico e porta ciascun paziente ad affrontare le sue prove e vittorie, innumerevoli persone sono state probabilmente confortate dalla franchezza della principessa inglese.
Anche la notizia della remissione della malattia potrebbe generare una rinnovata speranza per molti pazienti.
Esperienze ampiamente divulgata come questa evidenziano anche la natura olistica della cura del cancro. Infatti, se da un lato le cure mediche sono cruciali e insostituibili, il sostegno psicologico della famiglia e dei propri cari, così come, più in generale, quello della società, svolgono un ruolo essenziale nel processo di guarigione.
Oltre all’accesso a cure mediche di qualità e al sostegno dei propri cari, è anche importante mantenere la speranza quando viene diagnosticato un cancro.
Ora, ogni Paziente oncologico può aspettarsi un percorso impegnativo davanti a sé: il percorso che ha appena iniziato, dalla diagnosi della malattia all'annuncio della remissione, testimonia il progresso della medicina moderna e la sua notevole capacità di resilienza.
Rappresenta allo stesso tempo un barlume di speranza per i malati di cancro e un serio promemoria, per la maggior parte di essi, delle sfide che questi pazienti devono affrontare ogni giorno.
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