A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS
È stato accettato un cambiamento indiscutibile nell’ordine globale, che richiede all’UE di percorrere sollecitamente una nuova strategia politico-economica, specie verso l’estero. A giugno del 2023, l’Unione Europea ha pubblicato un suo primo documento formale di Strategia Europea di Sicurezza Economica.
Contestualmente , la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha pronunciato un potente discorso sullo stato dell’Unione. Paucis verbis, il più grande blocco commerciale del mondo (l’Europa) possiede una nuova bussola economica e ha tracciato un nuovo corso, stavolta piuttosto ambizioso.
Considerando questi sviluppi, anche legislativi, è difficile immaginare quanto di significativo sia trascorso in questi ultimi due anni e mezzo, da quando l’UE era sul punto di stabilire un accordo globale sugli investimenti UE-Cina. Dopo alcuni anni di negoziati, e dopo essere stato sostenuto in passato con vigore dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, l’accordo è stato attualmente e saggiamente congelato con un atto legislativo da parte del Parlamento Europeo.
Dopo un esame della nuova strategia di sicurezza economica e dei punti espressi dettagliatamente nel discorso sullo stato dell’Unione di von der Leyen, è chiaro che l’UE ha intrapreso – e intende perseguire in futuro - una strada radicalmente diversa.
Nel mondo della geopolitica nessun fenomeno è statico
Poiché l’UE è ben nota per la sua opprimente burocrazia e i metodi deliberati per l’amministrazione degli affari, è invece interessante la rapidità con la quale l’UE ha risposto a una pletora di nuove sfide recenti. Le tematiche poste alla base sia della strategia relativa alla sicurezza che del discorso sullo stato dell’Unione sono state definite tra loro complementari e delineano una visione pragmatica e sinergica delle risposte necessarie che l’Unione Europea intende concretizzare per affrontare con successo le sfide economiche e geopolitiche odierne e delle pianificazioni necessarie per il futuro.
Il discorso sullo stato dell’Unione è stato virtuosamente carente di ambiguità diplomatica e, invece, notevolmente ricco di intenzioni propositive e suggerimenti molto pragmatici.
Di certo, più di ogni altro evento, l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa ha rappresentato un momento di forte risveglio per tutti i 27 stati dell’UE.
Purtroppo, gli avvenimenti succeduti hanno dimostrato che gli sforzi passati per ignorare la scomoda verità dell’annessione della Crimea nel 2014 da parte della Russia e le tiepide sanzioni non hanno fatto altro che incoraggiare l’aggressività e la prepotenza del leader russo, Vladimir Putin. Le minacciose nubi di guerra che hanno preceduto l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sono state ugualmente respinte con molta superficialità di giudizio nella speranza che si trattasse di un bluff progettato per ottenere un qualche tipo di concessione. Che infatti poi non c’è stata.
Nel contempo, il ruolo della Cina Popolare nel sostenere, politicamente e materialmente, la politica d’aggressione della Russia, è stato riconosciuto per quello che era, dimostrandosi altresì una pericolosa minaccia ora rivolta anche all’ordine mondiale, e in particolare all’UE per plausibili ragioni di adiacenza geografica. Dopo tanti insuccessi la chiarezza si è affermata su numerosi aspetti della politica internazionale e della geopolitica mondiale: è stato accettato un cambiamento indiscutibile nell’ordine globale, che richiede già da oggi all’UE di intraprendere una strategia del tutto differente rispetto al torpido e inutile attendismo che ha caratterizzato lungamente il passato.
Anche l’economia mondiale è cambiata
Gli economisti denotano che l’economia globale è in veloce e costante cambiamento. L’attenzione dell’UE al rafforzamento della propria competitività è intrinsecamente legata anche alla sicurezza economica. Tuttavia, per essere competitivi, è essenziale che la riduzione dei rischi correnti faccia parte della formula di soluzione elaborata ai problemi economici e la programmazione delle criticità.
Garantire la resilienza in tutte le catene di approvvigionamento per ottenere una maggiore diversità nelle tipologie e nelle fonti delle merci e dei bisogni più critici sarà sempre più in futuro un elemento fondamentale, una sorta di conditio sine qua non, per progredire e andare avanti.
Non sarà facile promuovere la supremazia tecnologica del vecchio continente cercando al contempo di mantenere i mercati aperti e competitivi. Di conseguenza, l’Unione Europea assumerà la responsabilità di guidare una nuova iniziativa per rendere l’economia europea più competitiva a livello globale.
Quanto vale la UE ?
Il peso del mercato economico e finanziario europeo nell’ambito dell’economia globale si è ridotto negli ultimi vent’anni dal 20% nel 2001 al 14,5% nel 2023, mentre l’economia cinese è cresciuta dal 7% al 19%. Va da sé che aumentare la competitività è fondamentale e per certi aspetti vitale per l’industria e la manifattura europea in quanto si prevede che l’economia dell’UE crescerà meno del 2% nel 2024.
Come ha recentemente riconosciuto von der Leyen, esiste un’urgente necessità di cambiamenti politici per migliorare la facilità di fare impresa per le piccole e medie imprese (PMI). Vera spina dorsale dell’economia europea, le PMI costituiscono oltre il 99% delle imprese e impiegano un totale di circa 100 milioni di persone.
La competitività della UE
Affrontare la questione della competitività richiederà azioni politiche e industriali per affrontare l’attuale carenza di competenze specifiche che secondo i dati di Bruxelles affligge il 74% delle PMI. Per realizzarlo non esistono ricette miracolose: solo investendo in programmi capaci di sviluppare il talento umano sarà possibile raggiungere e sostenere l’innovazione.
La ricerca e sviluppo
Anche questo è un settore cruciale che necessita di attenzione virtuosa ed immediata. Rispetto a Stati Uniti e Cina, che investono il 3,45% e il 2,4% del rispettivo Pil in ricerca e sviluppo, l’Ue spende solo il 2,2% ovvero 328 miliardi di dollari. Secondo i dati degli osservatori economici internazionali, la spesa cinese effettuata nella ricerca tecnologica e sviluppo economico è aumentata di undici volte dall’inizio degli anni 2000, raggiungendo i 439 miliardi di dollari nel 2022.
Nel lungo termine, i nuovi investimenti europei nell’automazione, robotica e intelligenza artificiale si dimostreranno economicamente vantaggiosi, garantendo sicurezza e prosperità all’interno della comunità. Tuttavia, gli investimenti in ricerca e sviluppo devono essere strutturati in unione con gli investimenti rivolti esclusivamente a vantaggio dell’UE. A questo proposito, la riduzione dei rischi inerenti alle attività di ricerca e sviluppo richiede una revisione a base zero di tutti gli accordi di ricerca e sviluppo in corso tra la Cina e gli Stati membri dell’UE per proteggere virtuosamente la competitività dell’UE.
Quando si tratta di ridurre i rischi legati alle catene di approvvigionamento rispetto alla Cina, esiste un chiaro allineamento tra la nuova dottrina economica dell’amministrazione Biden e le proposte dell’UE di istituire controlli sulle esportazioni di alcune tecnologie specifiche. Specie in settori come la tecnologia green, l’energia eolica e i veicoli elettrici, questi controlli si basano fondamentalmente su modelli già deliberati e sperimentati nella loro economicità, come ad esempio quello statunitense.
Gli investimenti europei diretti verso l’estero
Sebbene il regolamento dell’Unione Europea sugli investimenti diretti all’estero (IDE) sia stato istituito per rendere le economie europee meglio adeguate per identificare ed eventualmente mitigare i rischi degli investimenti esteri per la sicurezza e l’ordine sociale, si è trattato di una doverosa risposta conseguente e diretta alla crescente influenza della Cina nel mercato europeo, effettuata mediante pratiche sleali di furto intellettuale e sussidi integratori statali che promuovono la concorrenza in maniera fraudolenta e sleale.
Resta da vedere se anche l’UE seguirà l’esempio degli Stati Uniti nell’istituire un meccanismo di monitoraggio degli investimenti in uscita, nella stessa misura adottata nei confronti delle modalità di screening degli IDE in entrata.
Per quanto la definizione di una strategia di sicurezza economica possa essere tempestiva, sussistono ulteriori sfide capaci di influire sullo stato dell’UE, alcune delle quali particolarmente ardue.
Il contrasto ai migranti clandestini
L’impatto dell’immigrazione clandestina in Europa e specialmente in Italia e Grecia è stato trascurato per troppo tempo e necessita di una soluzione quantificabile. Senza dubbio, i Balcani occidentali sono il ventre molle dell’Europa e un punto critico in cui le potenze malvagie agiscono causando gravi problematiche. Sotto il profilo strategico è proprio giunto il momento che l’Unione Europea amplifichi di misura i propri sforzi ed eserciti un’azione obbligatoriamente di forza per risolvere le controversie nei Balcani occidentali.
L’UE ha l’esperienza storica e la capacità per aiutare i paesi candidati a rispettare i protocolli di adesione e ad accelerare il loro ingresso nell’UE. Allo stesso tempo, l’UE dispone di strumenti davvero illimitati per promuovere lo stato di diritto e ritenere le varie leadership responsabili di non intraprendere adeguate azioni a sostegno dei propri cittadini. Recentemente, Von der Leyen ha sottolineato che sta entrando in scena una nuova generazione di giovani elettori.
Questa nuova generazione, guidata dalla saggezza e dall’esperienza dell’attuale rappresentazione di leader, ha le qualità per realizzare grandi progetti. Questo potrebbe essere un punto decisivo per l’UE. Si prospettano tempi impegnativi per tutti i protagonisti europei e sotto molti aspetti entusiasmanti.
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