Durante la campagna elettorale, Donald Trump ha dichiarato l’intenzione di imporre dazi compresi tra il 60% e il 100% su tutti i prodotti provenienti dalla Cina, per contrastare pratiche economiche ritenute illecite. A questo si aggiunge l’obiettivo di ridurre la dipendenza americana dalla Cina in settori quali l’elettronica, l’acciaio e i prodotti farmaceutici. Tale proposta, se attuata, potrebbe innescare una guerra commerciale e determinare il deterioramento delle relazioni bilaterali. Già nel corso del suo primo mandato, l’ex presidente aveva imposto dazi medi del 18% su beni cinesi e altre barriere commerciali volte a limitare l’interdipendenza fra i due paesi. Tuttavia, l’approccio non era stato privo di ambiguità, come dimostrato dall’opposizione di Trump a un potenziale divieto totale di TikTok, una posizione che riflette una strategia non sempre coerente.
Ad oggi le relazioni tra Stati Uniti e Cina sono ulteriormente complicate dalla crescente tensione nello Stretto di Taiwan. La modernizzazione delle capacità militari cinesi ha conferito a Pechino una maggiore capacità di esercitare pressione su Taiwan attraverso dimostrazioni di forza e altre iniziative coercitive. Sebbene Trump abbia menzionato raramente l’isola, in queste occasioni ha criticato il presunto sottopagamento taiwanese per le garanzie statunitensi in materia di difesa e il monopolio di Taiwan nell’industria dei semiconduttori. Nondimeno, durante il suo primo mandato, i funzionari della sicurezza nazionale avevano adottato misure volte a rafforzare il sostegno a Taiwan, evidenziando tendenze contradditorie che potrebbero ripetersi in questo secondo mandato.
Le nomine della nuova amministrazione, infatti, suggerirebbero orientamenti potenzialmente divergenti nei confronti della Cina. Marco Rubio, indicato come futuro Segretario di Stato, è noto per il suo sostegno a Taiwan e per le sue critiche alla Cina, in particolare sul tema dei diritti umani. Mike Waltz, prossimo consigliere per la sicurezza nazionale, ha invocato pubblicamente un impegno militare diretto da parte degli Stati Uniti in difesa di Taiwan, qualora si verificasse un’aggressione da parte di Pechino. Tuttavia, vi sono segnali di un possibile approccio più moderato sul fronte commerciale. La scelta di Howard Lutnick come Segretario al Commercio lascia intravedere una preferenza per una strategia di “de-risking” anziché di “de-coupling”, al fine di ridurre i rischi legati alla dipendenza economica dalla Cina senza compromettere la stabilità dell’economia mondiale.
Dopo l’ultimo incontro tra il leader cinese Xi Jinping e il presidente Joe Biden, Pechino in una dichiarazione ufficiale ha delineato quattro linee rosse per definire i limiti delle future relazioni con gli Stati Uniti. Queste comprendono: la questione di Taiwan, la democrazia e i diritti umani, il sistema politico cinese e il diritto allo sviluppo della Cina.
Tra le richieste della Cina vi è quella di non riconoscere diplomaticamente Taiwan o di sostenere la sua adesione a organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite. Inoltre, Pechino vorrebbe che Washington esercitasse pressione sul presidente taiwanese Lai Ching-te affinché adotti una posizione più conciliante. La Cina spera così di mantenere l’isola in una posizione di isolamento internazionale e di incertezza riguardo al sostegno statunitense, inducendo così una maggiore disponibilità di Taipei al dialogo.
La seconda linea rossa riguarda la democrazia e i diritti umani, ambiti in cui la Cina sta cercando di ridefinire tali concetti secondo una prospettiva compatibile con il regime autoritario del Partito Comunista. Pechino sostiene che il proprio sistema offra una forma di rappresentanza più autentica rispetto alle democrazie occidentali, accusate di essere dominate da gruppi ristretti. Per quanto riguarda i diritti umani, la Cina enfatizza il diritto alla sussistenza e allo sviluppo economico come priorità fondamentali, in opposizione ai valori universali di libertà individuale e diritti civili promossi dalle democrazie liberali.
La terza linea rossa difende il sistema politico cinese, definito come “socialismo con caratteristiche cinesi”. Pechino avverte Washington di non tentare di delegittimare il partito o di sostenere un cambiamento di regime. Questa posizione riflette la centralità della tutela del regime nella strategia di sicurezza nazionale della Cina.
La quarta linea rossa rivendica il diritto della Cina allo sviluppo economico e si focalizza sulle restrizioni commerciali e tecnologiche imposte dagli Stati Uniti, che limiterebbero la capacità della Cina di competere in questi settori. Inoltre, Pechino teme l’imposizione di ulteriori dazi e il potenziale coordinamento tra Stati Uniti e alleati in risposta alla sovraccapacità cinese in settori chiave come i veicoli elettrici. Tenendo conto di questo scenario la Cina ha posto al centro della sua programmazione economica la costruzione di un'economia resiliente, in grado di far fronte a prolungate tensioni geopolitiche. L'obiettivo principale della Cina è garantire che qualsiasi ulteriore erosione delle relazioni sino-americane non ostacoli la sua crescita economica, essendo questa alla base della legittimità del regime.
Tuttavia, un ritorno alla presidenza di Donald Trump potrebbe rappresentare per la Cina un'opportunità per accrescere la sua influenza globale. La potenziale politica isolazionista di Trump potrebbe comportare un parziale o totale disimpegno degli Stati Uniti dalle istituzioni e dalle iniziative internazionali. Questo vuoto potrebbe essere prontamente sfruttato da Pechino per consolidare la propria posizione e modellare un ordine internazionale che rifletta i suoi interessi e valori.
Dal 2021, Pechino ha lanciato tre iniziative globali legate alla sua presenza e al suo ruolo crescente all’interno delle Nazioni Unite:
- L'Iniziativa per lo Sviluppo Globale (GDI). Si presenta come uno strumento per promuovere lo sviluppo internazionale, consolidando il ruolo della Cina come partner privilegiato dei Paesi del Sud del mondo.
- L'Iniziativa per la Sicurezza Globale (GSI). Pensata come un’alternativa al sistema di alleanze statunitense, la GSI si concentra su settori in cui la Cina ha un vantaggio comparato, come la sicurezza interna e digitale.
- L'Iniziativa per la Civiltà Globale (GCI). Rappresenta una sfida diretta ai valori universali occidentali, in quanto propone un modello relazionale basato sul riconoscimento delle differenze culturali, valoriali e politiche che pone al centro il rispetto della sovranità statale.
L’eventuale disimpegno dell’amministrazione Trump sulla scena internazionale potrebbe offrire alla Cina l’opportunità di plasmare le norme globali e allo stesso tempo di contestare l’universalità di determinati valori. Tuttavia, Pechino dovrà navigare con cautela tra le opportunità offerte dal ridimensionamento statunitense e le resistenze di altre potenze occidentali, determinate a contenere la sua crescente influenza.
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L'Autore
Francesco Oppia
Autore di Mondo Internazionale Post
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