Introduzione
In questi giorni, il presidente statunitense Donald Trump ha iniziato il suo viaggio in Arabia Saudita. Un viaggio accolto con grande enfasi mediatica e simbolica ma con un obiettivo preciso: rilanciare l’influenza americana nel Golfo Persico e riaffermare la sua visione di potenza pragmatica, economica e diretta.
Contesto Geopolitico
La visita si inserisce in un momento cruciale per gli equilibri mediorientali. L’Iran continua a espandere la propria influenza in Iraq, Siria e Libano, mentre la Russia e la Cina consolidano rapporti economici e militari con diversi attori regionali. Inoltre, continua la ricerca di una tregua nel conflitto tra Israele e Gaza.
Gli Stati Uniti, dopo un periodo di apparente disimpegno, cercano di riconquistare il loro ruolo strategico e in questo scenario, l’Arabia Saudita rappresenta un alleato chiave: custode di risorse energetiche, polo finanziario islamico e ponte verso il mondo sunnita.
La politica di Trump
La politica estera di Trump nel 2025 mantiene i tratti che l’hanno caratterizzata negli anni precedenti: bilateralismo, priorità economiche e ostilità verso il multilateralismo. In particolare sulla scena internazionale punta tutto sui “deal”, gli accordi diretti tra Stati, come strumento di influenza. Rimuove le sanzioni alla Siria, rilancia una linea dura verso Teheran e spinge per un nuovo accordo nucleare, più favorevole agli interessi americani. Il suo messaggio è chiaro: l’America tratta con chi è disposto a investire, a comprare, a negoziare — purché alle sue condizioni e l’imposizione dei dazi ne sono un altro chiaro segnale.
Nei primi giorni della visita, Trump ha firmato accordi economici per oltre 600 miliardi di dollari in investimenti sauditi negli Stati Uniti, oltre a un colossale contratto di difesa da 142 miliardi. Il viaggio ha avuto anche un forte valore simbolico: la cavalcata con il principe Mohammed bin Salman, la cena di Stato e i messaggi condivisi sulla stabilità regionale hanno mostrato un’intesa solida. L’obiettivo non era solo economico, ma strategico: presentare l’Arabia Saudita come baluardo contro l’Iran e rafforzare un’alleanza che consenta agli Stati Uniti di mantenere il controllo sugli equilibri energetici e militari della regione.
Il viaggio di Trump in Arabia Saudita non è un semplice evento diplomatico, ma una dichiarazione di intenti. Più che cercare il consenso internazionale, Trump punta al risultato immediato: soldi, potere contrattuale e visibilità. La sua strategia resta chiara: fare dell’America un attore dominante grazie alla forza della sua economia e alla volontà politica di imporsi.
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