Truppe del Cremlino raggiungono Kyiv: come si è arrivati fin qui?

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  Elia Lonoce
  28 February 2022
  4 minutes, 32 seconds

“Un’invenzione di Lenin”, è così che nel suo discorso Putin definisce l’Ucraina, a suo dire una nazione non più degna del suo riconoscimento.

Proprio mentre scrivo queste righe, la Russia ha appena raggiunto con le sue truppe la capitale Kyiv e si sta così consumando una delle guerre che potrebbe dare origine ad un conflitto mondiale, così grande e pericoloso, che mai avremmo pensato potesse avere luogo dopo la Seconda guerra mondiale.

Ma come siamo arrivati sino a questo punto?

Per capire meglio ciò che sta avvenendo in queste ore, necessitiamo di un tuffo nel passato. Innanzitutto, bisogna specificare che questa guerra ha origini ben più lontane di quelle che ingenuamente possiamo pensare e per aiutarci nella comprensione di ciò che sta accadendo è necessario delucidarci su alcuni passaggi importantissimi.

Uno dei più importanti è quello dell’annessione della Crimea alla Russia. Occorre sottolineare che il risultato di questa annessione è il frutto di una disputa fra Urss ed Ucraina risalente all’indipendenza, acquisita da quest’ultima al termine del processo di disfacimento dell’Unione Sovietica.

Nell’epoca della Guerra fredda, fu l’allora capo dei sovietici Kruscev a permettere alla Crimea di diventare parte del territorio dell’Ucraina. Una scelta contornata da moltissime proteste, dettate dal fatto che circa due terzi della popolazione aveva origine russe e, come anche un occhio meno esperto può intuire, era una situazione che non sarebbe mai potuta passare in nessun modo inosservata.

L’Ucraina, subito dopo l’indipendenza, cominciò a rientrare sempre più nella sfera d’influenza dell’Europa e della Nato, fino a quando nel 2008 quest’ultima accettò che in futuro avrebbe valutato le richieste dell’Ucraina di essere integrata nell’unione occidentale. Una proposta, come possiamo ben immaginare, che destò non poche preoccupazioni alla Russia, tanto da interpretare questa affermazione come la volontà dei paesi occidentali di espandere la propria influenza fino ai piedi del Cremlino.

Nel 2013 vi fu un’importante rivoluzione, che verrà considerata come l’evento scatenante dell’invasione russa. Migliaia di persone scenderanno in piazza per manifestare contro la decisione del presidente Yanukovich di rifiutare un importante patto commerciale con l’Unione Europea, e così a seguito di tensioni e scontri all’interno del paese, il 22 febbraio del 2014 il presidente lasciò la Crimea rifugiandosi in Russia. Putin definì questa rivoluzione come un “vero e proprio colpo di stato”, e approfittando della situazione di instabilità che affliggeva il paese, decise di effettuare un’invasione a sorpresa, conquistando così pian piano l’intero territorio della Crimea. Questa annessione, così forzata, fu considerata dall’intera comunità Ucraina come una vera e propria usurpazione del territorio nazionale.
A contribuire all’acutizzarsi delle tensioni, prese parte anche i finanziamenti e la fornitura di armi da parte del governo Russo alle provincie di Donetsk e Lugansk che, come abbiamo avuto modo di vedere in questi giorni, sono state riconosciute come repubbliche indipendenti proprio dallo stesso Putin.

Oggi il conflitto in Ucraina ha aspetti estremamente diversi, ma è inevitabile pensare che sia una naturale conseguenza del deterioramento dei rapporti di questa due nazioni. Da un lato l’Ucraina non ha mai smesso di accusare il Cremlino di aver fornito sostegno militare ai separatisti nell’est del Paese, dall’altro c’è il ruolo di Putin che potremmo definire quasi “ossessionato” dall’Ucraina.

Proprio su quest’ultimo aspetto molti analisti si sono soffermati. Essi ritengono che la causa di questo atroce e ingiustificato conflitto, sia da ricercare non solo nelle becere motivazioni belliche, ma anche nel profilo psicologico di un uomo nato e cresciuto in un contesto che ha fortemente influenzato e plasmato le sue scelte politiche. Proprio in uno dei suoi ultimi discorsi Putin parla di “denazificare” l’Ucraina. Il capo del Cremlino non si riferisce di certo alle formazioni che affiancarono Hitler durante la seconda guerra mondiale, ma pensa a quelle formazioni di estrema destra che sono state protagoniste della vita politica del Paese a cominciare dallo scioglimento dell’Unione Sovietica del 1991 e poi con la rivolta del 2014.

E ancora sempre nel medesimo discorso, il capo del Cremlino aggiunge che l’Ucraina è una “porzione inalienabile del territorio russo” e che essa sia stata “interamente creata da loro”. Un processo a suo dire iniziato subito dopo la rivoluzione del 1917, incolpando Lenin di averlo avviato, “separando e dividendo quella che è storicamente terra russa”. Come possiamo notare, oltre i chiari interessi economici e la paura di una Nato “alle porte di casa”, ciò che spinge quest’uomo sono anche concetti e idee legate ad un’epoca fatta da appropriamenti indebiti e atti di forza che credevamo ormai lontani dai nostri tempi.

Non sappiamo quale piega prenderà questo conflitto o come volgerà al termine, ma una cosa è certa: la storia ci insegna sempre qualcosa.
Oggi forse ci sta insegnando che non sempre viene ricordata debitamente, che non sempre riesce a far capire che non è necessario ripetere gli stessi errori.
Qualunque esso sia il motivo che spinga una nazione ad intraprendere una nuova guerra, questa non porterà in nessuna occasione a nulla di buono.
Appropriarsi senza alcun diritto della vita di una persona è un’azione che non avrai mai una motivazione tale da giustificare un comportamento così atroce.
Questa alla quale stiamo assistendo, molto probabilmente, è una storia già vista.

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L'Autore

Elia Lonoce

Elia Lonoce, Dottore in Scienze Politiche e delle Relazioni internazionali. Attualmente laureando magistrale in Scienze delle amministrazioni e delle politiche pubbliche presso La Sapienza, Roma.

Da sempre interessato alla politica internazionale e nello stesso tempo attento alle dinamiche del proprio territorio.

All’interno di Mondo Internazionale ricopre la carica di Revisore di Bozze.

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