Mentre l'Unione Europea si pone l'ambizioso obiettivo di eradicare la povertà estrema entro il 2030, i numeri raccontano una realtà ben diversa. Negli ultimi dieci anni, il numero di persone in povertà assoluta è raddoppiato, segnando un’inversione di tendenza preoccupante.
Secondo i dati della Federazione Europea delle Organizzazioni Nazionali che Lavorano con i Senzatetto (Feantsa), oggi sono circa 1,3 milioni le persone senza fissa dimora in Europa, un dato allarmante se si considera che nel 2015 erano circa 700.000. Ancora più impressionante è la stima delle persone che ogni notte non hanno un tetto sopra la testa: si parla di quasi 900.000 individui costretti a dormire per strada, una cifra che equivale all’intera popolazione della città di Torino.
Di conseguenza, alcune amministrazioni europee, tra cui ad esempio la città di Londra, sembrano credere che sacrificare i parchi e le aree verdi sia una soluzione praticabile. La logica dietro questa drastica decisione è molto semplice: sacrificare spazi meno “utili” per costruire nuove abitazioni. Ma questa risposta apparentemente banale, ma anche un po’ sempliciotta, è una scorciatoia miope che rischia invece di peggiorare notevolmente le condizioni di vita urbana, anziché migliorarle.
I parchi e i giardini pubblici non sono soltanto luoghi di svago e relax, ma svolgono un ruolo fondamentale per la qualità della vita urbana. Offrono un'importante via di fuga dal caos cittadino, contribuendo al benessere fisico e mentale dei cittadini, ma soprattutto rappresentano veri e propri polmoni verdi in grado di migliorare l’ambiente urbano.
Questi spazi aiutano a purificare l’aria, mitigare l’inquinamento acustico, filtrare l’acqua piovana e regolare il microclima, contribuendo a rendere le città più vivibili. Le aree verdi svolgono inoltre una funzione cruciale nella riduzione delle isole di calore, assorbendo CO₂ e favorendo la salvaguardia della biodiversità.
Dal punto di vista della salute pubblica, i parchi hanno un impatto significativo: ospitano percorsi e strutture per l’attività fisica, incentivano uno stile di vita attivo e, grazie alla vegetazione, favoriscono la produzione di ossigeno e la riduzione degli agenti inquinanti. Investire nel verde urbano non è quindi solo una scelta estetica, ma una vera e propria strategia per il benessere collettivo e la sostenibilità ambientale.
Molti politici e media tentano di semplificare la situazione riducendo a una questione di spazio, quando invece le cause sono strutturali.
La speculazione immobiliare è una di queste. In molte città gli immobili non vengono costruiti per essere abitati ma, per diventare investimenti. Interi palazzi rimangono vuoti perché il loro valore cresce anche senza inquilini. In aggiunta, negli ultimi decenni sono stati fatti forti tagli negli investimenti nelle case popolari, lasciando il settore abitativo quasi completamente in mano al mercato. Si tratta quindi di politiche sbilanciate in cui la città viene pensata per attrarre investimenti, non per essere vissuta.
Di fondamentale rilevanza è anche la crescita degli affitti brevi (come Airbnb e affitti turistici) che ha ridotto drasticamente la disponibilità di case in affitto a lungo termine, soprattutto nei centri urbani.
Attuale è anche il fenomeno della gentrificazione. Se da una parte il la riqualificazione delle aree urbane popolari può essere un fenomeno positivo, anche per risolvere la crisi immobiliare, dall’altra parte spesso questo porta all’espulsione dei residenti originari a causa dell’aumento degli affitti. Interi quartieri diventano “di moda” e perdono la funzione sociale.
Alcune soluzioni, oltre all’aumento degli investimenti nel settore abitativo e alla diminuzione della burocrazia, potrebbero essere l’implementazione del modello Housing First. Un modello di intervento nell’ambito delle politiche per il contrasto alla grave marginalità basato sull’inserimento diretto di appartamenti indipendenti di persone senza dimora, con problemi di salute mentale o in situazioni di disagio allo scopo di favorirne l’integrazione.
Mentre, la città di Copenaghen, ad esempio, ha pensato di costruire nuovi giardini, di tipo verticale, dotati di alloggi temporanei che possano ospitare le persone senza fissa dimora. In questo modo il diritto alla casa non viene messo in concorrenza con il diritto al verde, alla salute e alla qualità della vita.
A conti fatti di fronte alla crisi abitativa, servono risposte strutturali, coraggiose e socialmente giuste e questo significa affrontare le vere cause della crisi abitativa senza scaricare il costo su ciò che rende le città ancora vivibili.
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L'Autore
Adele Mutti
Tag
spazi verdi crisi abitativa Europa città sostenibili povertà gentrification